Non sempre i matrimoni sono matrimoni di amore, in politica praticamente mai, solo matrimoni di interesse. E’ quanto è capitato al matrimonio, molto speciale, tra l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO) e l’Unione Europea. Le due realtà non sono coetanee, la NATO è stata creata nell’aprile del 1949, l’Unione Europea, erede dal 1992 della prima Comunità europea del carbone e dell’acciaio, è nata nel 1951. Non sembra, ma due anni di differenza possono essere importanti.
Come sono importanti le dimensioni dei due soggetti: 30 Paesi quelli membri della NATO, 27 quelli dell’UE, ma per non semplificare nulla cinque di questi ultimi non aderiscono alla NATO, ma ad oggi sono solo associati: Austria, Croazia, Finlandia, Irlanda e Svezia.
Più importante ancora che tra i Paesi NATO che non fanno parte dell’UE ci siano, tra gli altri, gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Turchia: il primo di gran lunga preponderante nell’Alleanza, il secondo dotato dell’arma nucleare e la Turchia, con il secondo esercito della NATO.
Questa la fotografia della NATO oggi, già abbastanza complessa, lo è anche di più se si guarda alla sua storia: la NATO, creata sotto l’egida degli USA all’indomani della Seconda guerra mondiale, avrebbe avuto un avversario speculare nel Patto di Varsavia, creato nel 1955 ad iniziativa dell’Unione sovietica: vi partecipavano i Paesi che, dopo la dissoluzione dell’URSS e lo scioglimento del Patto nel 1991, sono entrati, all’inizio di questo secolo, a far parte dell’Unione Europea, qualcuno di essi entrato nella NATO cinque anni prima di aderire all’UE: è il caso di Polonia, Ungheria e Repubblica ceca.
Forse basta già tutta questa complessità per sospettare che tra i Paesi UE e la NATO la convivenza sia diventata tormentata e la guerra in corso in Ucraina lo rende anche più evidente, al punto di intravvedere non poche tensioni nella strategia adottata nei confronti della Russia.
Per semplificare: sembra ogni giorno più chiaro che il Paese-guida della NATO, gli Stati Uniti, sono determinati a abbattere l’economia della Russia e il suo Presidente; i Paesi UE sono più orientati alla ricerca di un dialogo, con lo strumento della diplomazia senza escludere sanzioni e limitati sostegni militari, mirando ad accelerare trattative di pace in vista di un futuro partenariato con la Russia, quando ve ne saranno le condizioni.
Questi diversi orientamenti si manifestano a proposito del sostegno militare, molto più deciso da parte degli USA, e di un embargo sollecitato per il petrolio e del gas russo che colpirebbe pesantemente di ritorno solo i Paesi europei, anche tra loro divisi da condizioni di approvvigionamento energetico molto diseguale.
Fin qui tutto complicato, ma non basta: il tema della sicurezza registra reazioni diverse tra le parti in conflitto. Gli USA non vedrebbero male un ampliamento della NATO, opzione non condivisa oggi dai Paesi UE, salvo per quelli che dell’Unione Europea fanno parte, come nel caso di Finlandia e Svezia. Si tratta di due Paesi, tradizionalmente neutrali, ma giustamente preoccupati per la vicinanza territoriale con la Russia (1340 chilometri di confine comune tra Finlandia e Russia non mettono certo allegria) e adesso orientati a raggiungere la NATO.
Al centro di questo groviglio di interessi e di paure l’incapacità dei Paesi dell’Unione Europea (che in quanto tale non fa parte della NATO) di dotarsi di una politica comune di difesa, assumendosene i costi non indifferenti, con l’obiettivo di esercitare all’interno dell’Alleanza atlantica una “autonomia strategica” in grado di guadagnare ruolo a protezione dei propri interessi, non sempre convergenti con quelli degli Stati Uniti.
Non è troppo tardi per cercare di contare in seno alla NATO, ma è ancora presto per vederne i risultati.