Ucraina: primi colloqui con gli Stati Uniti in Arabia Saudita

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Risuonano ancora nelle nostre incredule orecchie i toni minacciosi e inaccettabili usati da Donald Trump nei confronti del Presidente ucraino nello studio ovale di Washington alla fine di febbraio. Si trattava di un primo dialogo sulla prospettiva di un cessate il fuoco fra Ucraina e Russia, dialogo rivelatosi intriso di accuse volgari e lontane dalla realtà per uno Zelensky stanco di tre anni di guerra, umiliato non solo in quanto Presidente accusato di non volere la pace, ma anche come rappresentante di un popolo che ha resistito con fierezza e coraggio all’aggressione sempre in corso  del  Cremlino.

Il tenore delle accuse di Trump a Zelensky non è tuttavia durato a lungo e, dopo i richiesti ringraziamenti all’America per l’aiuto finanziario e militare ricevuto finora e dopo che Trump, in uno spirito vendicativo, ha sospeso quegli stessi aiuti a Kiev e ha sospeso la condivisione di essenziali dati di intelligence, Washington e Kiev hanno tentato un nuovo dialogo e si sono incontrati in Arabia Saudita, a Gedda, per dare il via ai primi colloqui per un “cessate il fuoco”. Un incontro che fa seguito a quello svoltosi a Riad circa tre settimane fa fra Stati Uniti e Russia, sempre nella prospettiva, in esclusivi dialoghi bilaterali, di trovare un punto di accordo per una tregua iniziale. 

Al riguardo, il Principe ereditario Bin Salman, dopo aver espresso l’auspicio che “l’accordo rifletta il rispetto del diritto internazionale”, punta a fare dell’Arabia Saudita il luogo di accoglienza delle discussioni di pace sui futuri equilibri di sicurezza che si vanno lentamente e faticosamente delineando a livello globale.  Resta il fatto che la prima partita di Gedda si è presentata in impervia salita per Zelensky, dove non erano concessi passi falsi tanto la posta in gioco era elevata. 

In primo luogo, si trattava di non interrompere il filo faticosamente riannodato con Washington per progredire verso la dichiarazione di una tregua iniziale, in secondo luogo di convincere l’Amministrazione americana a ripristinare le forniture militari e terzo negoziare l’Accordo sulle terre rare. Un primo risultato dell’incontro suggerisce un cauto ottimismo sull’insieme dei temi in discussione, in particolare per quanto riguarda l’accordo di Kiev su una tregua di 30 giorni, tregua che dovrà tuttavia essere sottoposta all’accordo del Cremlino.

Strada in salita anche per il fatto della posizione di riguardo di Trump nei confronti di Putin, considerato quest’ultimo come colui che “ha tutte le carte in mano”  per poter trattare la tregua, un aggressore quindi che si ritrova nella posizione di forza. In proposito, poco è filtrato pubblicamente sulle concessioni che la Russia potrebbe fare per cessare le ostilità, a parte l’esigenza che Kiev abbandoni la sua richiesta di una adesione alla NATO e riconosca l’appartenenza alla Russia delle regioni occupate da Mosca nell’est dell’Ucraina. 

Mentre si svolgeva a Gedda il bilaterale Usa-Ucraina, si riunivano a Parigi, su iniziativa della Francia e del Regno Unito, i responsabili militari della NATO, in assenza tuttavia degli Stati Uniti, e dell’Unione Europea per definire le grandi linee di una forza europea o di una forza di interposizione internazionale  da dispiegare in caso di tregua in Ucraina, una forza che dovrebbe essere accettata sia da Kiev che da Mosca. Come garantire infatti a Kiev la sicurezza necessaria affinché la tregua o il cessate il fuoco, se raggiunti, non vengano ignorati da Mosca e riaprano la strada di una nuova aggressione?

Mentre l’Europa cerca di disegnare una sua politica di difesa e una nuova strategia di sicurezza per l’Ucraina, vero è che l’assenza degli Stati Uniti da una riunione NATO e l’avvicinamento di Washington a Mosca rappresentano i segnali più evidenti dei cambiamenti geopolitici in corso e dell’imprevedibile futuro delle relazioni internazionali che si sta disegnando a livello globale.

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