Tensioni alle frontiere dell’Europa

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Mai come ora le tensioni e l’instabilità alle frontiere dell’Europa, ad est e a sud, sono state così forti da vent’anni a questa parte. I riflettori si sono particolarmente accesi in questi ultimi mesi sulla situazione in Ucraina, riportando alla luce venti di guerra fredda fra la Russia e l’Occidente. L’annessione della Crimea da parte della Russia, e prima ancora la guerra in Georgia del 2008, forse non ultimi tentativi di ricomporre un impero caduto con il crollo del Muro di Berlino, hanno messo in tensione le frontiere dell’Unione Europea e della Nato, in particolare nei Paesi Baltici e in Polonia. Il timore è che Putin, incurante del diritto internazionale, dell’integrità territoriale dell’Ucraina e della Georgia e della loro indipendenza, continui nella sua politica di riportare nella Russia  di oggi territori e popolazioni russofone che avevano fatto parte dell’Impero sovietico. Oggi i timori convergono in particolare su quel pezzo di Moldavia, la Transinstria, che, sull’onda di quanto successo in Crimea, ha già fatto richiesta di annessione a Mosca. Il tutto avviene fra spostamenti e concentrazioni di truppe russe, tra sanzioni economiche occidentali e tentativi di isolamento politico della Russia, tra toni minacciosi e inquietudini sull’intreccio economico ed energetico che lega l’Europa alla Russia, mettendo in serio pericolo il necessario dialogo volto a garantire pacifiche relazioni internazionali e stabilità nei rapporti Est – Ovest.

Le cose non vanno meglio alle frontiere sud dell’Unione, in particolare dove dialogo e negoziati con la Russia sarebbero di primaria importanza per riportare pace e stabilità. È il caso della guerra in Siria, un conflitto che dura da più di tre anni e dove, nell’impunità più totale, il Presidente Bachar al Assad continua a massacrare il suo popolo. Non si riesce nemmeno più a contare le vittime, gli sfollati e i rifugiati le cui storie poi vengono ad infrangersi anche sulle frontiere dell’Europa e del Mediterraneo. Ma importante anche il dialogo e la presenza della Russia per quanto riguarda l’evoluzione delle aperture riscontrate in Iran e in particolare per quanto riguarda il dossier nucleare, che tanto inquieta non solo nella regione, ma anche a livello internazionale.

Al di là di Siria e Iran, continuano in Egitto manifestazioni e violenze in un braccio di ferro tra i militari al potere e Fratelli musulmani, ricacciati dalla scena politica con la destituzione e il processo dell’eletto Presidente Morsi. Un braccio di ferro culminato con la recente condanna a morte di 529 Fratelli musulmani, una condanna che, se confermata, segnerà un ulteriore passo avanti nella lotta del governo contro il movimento islamista, con la temibile prospettiva non solo di una sua ulteriore radicalizzazione ma anche di un avvicinamento alle forze più estremiste.

Ed infine, non va soprattutto dimenticata la situazione in Libia, la quale, a tre anni esatti da quell’intervento militare francese ed inglese, appoggiato dagli Stati Uniti e che ha portato alla scomparsa di Gheddafi, sta letteralmente degenerando in una profonda crisi politica, economica e di sicurezza. Con tutto quello che ciò comporta in termini di stabilità per l’intera regione.

Forti turbolenze quindi intorno a tutta l’Europa, dove sia ad est che a sud si stanno consumando transizioni difficili e dai risvolti ancora imprevedibili e che sottolineano, ora più che mai, la necessità di una politica estera comune coerente, forte e coraggiosa. L’Europa non può sottrarsi o andare in ordine sparso di fronte a questo nuovo capitolo della sua storia.

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