È la democrazia la “nuova frontiera” dell’Europa 

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Ovunque nel mondo sono tornate protagoniste le frontiere e con le frontiere anche le guerre. E dopo una lunga tregua, anche l’Europa ne è diventata vittima con l’aggressione della Russia all’Ucraina, dopo essersi lasciata alle spalle la tragedia della ex-Jugoslavia a cavallo del secolo.
L’Unione Europea, protetta da una “pace domestica”, è venuta in soccorso con i suoi Paesi membri al Paese aggredito per difendere, con una frontiera fisica, anche la “nuova frontiera”, quella di una democrazia minacciata tanto al suo esterno che all’interno.
Le minacce esterne alla democrazia per l’UE sono tante e sparse nel mondo, dalla vicina Russia all’incombente Cina, ma anche dall’India alla Turchia, senza dimenticare il Medioriente e i regimi autoritari in Africa, molti di questi non lontani dai nostri confini, in un mondo dove le autarchie guadagnano terreno.
In questo contesto meritano attenzione le dinamiche che stanno coinvolgendo anche le democrazie occidentali, in particolare sulle due sponde dell’Atlantico, negli Stati Uniti e nell’Unione Europea: i primi alla vigilia di un’elezione presidenziale ad alto rischio per la vita democratica, la seconda reduce da tornate elettorali che ne hanno rivelato le molte fragilità, tanto a livello nazionale che comunitario.
Per le consultazioni nazionali molte lezioni, anche se non tutte negative, sono venute in particolare  dalle urne in Italia, Spagna, Paesi Bassi e, da ultimo, in Francia: ovunque una forte polarizzazione politica, campagne elettorali spesso esasperate, ridotta partecipazione al voto con la conseguente debole legittimità democratica dei governi che ne sono derivati o, come nel caso olandese e francese, con inedite coalizioni eterogenee in difficoltà a governare.
Non è andata molto meglio a livello comunitario con le elezioni per il Parlamento europeo, con aumento dell’astensione, ridotti confronti su temi europei, formazione della “governance europea” decisa dai governi nazionali con un ruolo limitato del Parlamento europeo appena insediato.
Non stupisce se, in un quadro come questo, siano cresciute le preoccupazioni per il futuro della democrazia, come sta avvenendo non solo  in Italia, dove si moltiplicano le messe in guardia da parte del Presidente della Repubblica, ma anche a livello comunitario.
Se ne è fatta interprete, anche se non del tutto credibile visti i suoi ultimi atteggiamenti, Ursula Von der Leyen, riconfermata alla presidenza della Commissione europea per la legislatura 2024-2029. Nel suo discorso davanti al Parlamento il 18 luglio, per ottenere l’investitura, un passaggio centrale ha riguardato la creazione di uno “scudo per la democrazia” di cui adesso si attende di conoscere gli sviluppi concreti. C’è da sperare che questi riguardino, oltre l’auspicata riforma dei Trattati, in particolare la revisione del voto all’unanimità, una regola che paralizza l’esercizio della democrazia tra i Paesi membri, anche il rilancio del dialogo sociale e un rinnovato protagonismo dei corpi intermedi e della società civile, impegnata a trovare nuove forme di aggregazione.
Con riferimento allo “scudo per la democrazia” è già un utile strumento di lavoro il Rapporto sullo Stato di diritto appena reso pubblico, con colpevole ritardo, dalla stessa Commissione: l’Italia non è la sola ad uscirne pesantemente ammaccata, ma non è il caso di consolarsi con il detto “mal comune, mezzo gaudio”, né può chiamarsi fuori la stessa Unione, lontana da poter affermare compiutamente democratico il suo attuale assetto istituzionale e le sue procedure decisionali.
La “nuova frontiera” della democrazia ha bisogno dell’impegno di tutti, a cominciare da casa nostra, se si vuole mettere al sicuro il futuro dell’Unione e la libertà dei suoi cittadini.

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