Shimon Peres e le speranze di pace in Medio Oriente

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Shimon Peres se ne è andato.  Ha lasciato, a 93 anni, Israele, il Paese che lo ha riconosciuto come uno dei suoi Padri fondatori e al quale ha dedicato parte della vita per costruire una difficilissima pace.

La sua scomparsa, il ricordo del premio Nobel per la pace, gli accordi di Oslo, le strette di mano con Arafat o, più recentemente, l’abbraccio in Vaticano con Abu Mazen sono alcuni dei momenti più significativi della sua vita e delle speranze che ha lasciato al mondo per un dignitoso futuro di convivenza fra israeliani e palestinesi.

Oggi questa pace è più che mai compromessa e la morte di Shimon Peres offre tristemente l’occasione per riportare alla luce le sofferenze di un conflitto mai risolto e sempre pronto a riaccendersi, lasciato diplomaticamente in sospeso da decenni e oggi quasi dimenticato fra le pieghe delle numerose guerre che  si incrociano in Medio Oriente.

A sottolineare che l’attuale status quo non potrà che portare ad una spirale di rinnovate violenze tra le parti è il recente rapporto presentato all’inizio di luglio dal Quartetto per il Medio Oriente (Stati Uniti, Russia, Unione Europea e Nazioni Unite), in cui il campanello d’allarme ormai suona come un ultimo avvertimento prima di una catastrofe a lungo annunciata.

Il documento, sottoscritto da tutti i componenti del Quartetto senza riserve, individua tre elementi principali che pesano fortemente sulla fragile situazione di continuo stallo: la spirale di violenza, la progressiva espansione e legalizzazione delle colonie da parte di Israele e l’illecita acquisizione di armi, in particolare da parte di Hamas.  Elementi che chiamano in causa responsabilità diverse ma anche comuni, che contribuiscono fortemente ad alimentare un clima di odio e di intolleranza nelle rispettive società civili e, a livello politico, a generare un clima di reciproca diffidenza e insicurezza.  Vista la situazione che si è venuta a creare e tenuto conto dell’esasperazione psicologica che questo lunghissimo conflitto ha generato fra le parti, i margini di manovra per riavviare un processo di pace che porti alla soluzione dei due Stati, sembrano veramente strettissimi.  E, in proposito, il rapporto del Quartetto si limita ad elencare le tragiche conseguenze, a breve scadenza, di un’assenza di prospettiva di soluzione duratura del conflitto.

Eppure, dietro le quinte, la diplomazia internazionale continua a cercare una via d’uscita. L’iniziativa della Francia, con l’apertura di una pre-conferenza nel giugno scorso, sta cercando, con tutte le difficoltà del caso di portare al tavolo dei negoziati i diretti interessati e di trovare nuove strategie e nuovi appoggi internazionali che diano concretezza e speranza ai negoziati.

In proposito è importante ricordare e sottolineare qui anche la recente iniziativa di pace araba, presentata dall’Arabia saudita e sostenuta dall’Egitto. Con l’obiettivo di raggiungere una soluzione a due Stati e una pace duratura, l’iniziativa araba è orientata verso un confronto che coinvolga direttamente arabi e israeliani, evitando il più possibile negoziati in sedi multilaterali. È un orientamento sempre richiesto da Israele, ma che potrebbe, con le dovute garanzie, essere accolto anche dai Palestinesi. E a questa nuova iniziativa araba sembra per il momento guardare e ispirarsi anche la diplomazia francese.

È un nuovo briciolo d speranza, irrinunciabile per credere che forse un giorno, anche in quella Terra, arriverà la pace e la rispettosa convivenza fra tutti i suoi abitanti. Per ora purtroppo, rimangono in sospeso soltanto le lugubri previsioni del Quartetto.

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