Dopo mesi di difficili negoziati a Bruxelles e dopo quattordici anni dalla fine della guerra, Serbia e Kosovo hanno siglato il 19 aprile un accordo di principio per la normalizzazione delle loro relazioni. Giudicato un evento storico, l’accordo fra Pristina e Belgrado segna infatti una tappa importante per i due Paesi sia per quanto riguarda le possibilità di dialogo futuro, sia per quanto riguarda il loro percorso verso l’Unione Europea.
La necessità di raggiungere un accordo era infatti una condizione, imposta dall’Unione Europea, per decidere l’apertura di negoziati di adesione per la Serbia e per definire un accordo di associazione con il Kosovo. I nodi centrali delle discussioni e delle divergenze vertevano, da parte serba, sul grado di autonomia, di protezione e di sicurezza della minoranza serba presente nel Nord del Kosovo, una minoranza a forte connotazione nazionalista che non riconosce l’autorità di Pristina dopo la sua dichiarazione di indipendenza del 2008. Da parte kosovara, era forte la richiesta che Belgrado mettesse fine alla politica di isolamento della sua ex-provincia e accettasse la possibilità di un’ adesione di quest’ultima a Organizzazioni internazionali. Una prospettiva che per Belgrado si traduceva con il timore di una possibile richiesta di adesione del Kosovo alle Nazioni Unite, cosa che aveva già fermato i negoziati in precedenza.
L’accordo raggiunto sotto l’egida dell’Unione Europea è quindi il risultato di un compromesso e di reciproche concessioni, in particolare per quanto riguarda le garanzie offerte alla minoranza serba ma anche per quell’impegno, sottoscritto delle due parti che, per il momento, si limita a non ostacolare il rispettivo percorso verso l’integrazione europea. Cosa, di per sé, non da poco, se si pensa che né la Serbia, né alcuni Stati membri dell’Unione Europea riconoscono l’indipendenza del Kosovo.
Ora si tratterà di sottoporre ai rispettivi Governi e Parlamenti l’accordo siglato tra i Primi Ministri dei due Paesi, il serbo Ivica Dacic e il kosovaro Hashim Thaci. Ma già da ora non si può che salutare i passi compiuti per raggiungere un tale accordo, passi guidati in particolare dalla prospettiva europea ma che segnano soprattutto una tappa significativa verso la riconciliazione e la stabilità nei Balcani.
E va salutata anche la tenace mediazione dell’ Unione Europea che ha posto la condizione del dialogo e della normalizzazione dei rapporti fra i due Paesi al centro del loro cammino verso l’Europa. Un percorso verso la pace scritto nel cuore stesso del progetto europeo e che non ha mai perso, checché se ne dica, la sua attualità. Toccherà poi anche all’Unione Europea trovare nuove iniziative politiche, nuove solidarietà e nuovi strumenti istituzionali per mantenere viva e concreta la prospettiva dell’integrazione nei confronti dei Paesi dei Balcani.
Una doppia sfida quindi per l’Europa che si prospetta in uno dei momenti più difficili della sua costruzione e che si gioca il futuro all’interno e all’esterno delle sue frontiere.