Salvataggi costosi

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Non sono finite le operazioni di salvataggio per le banche europee: quelle in corso si rivelano difficili e costose, altre che si annunciano potrebbero mettere sotto pressione l’euro e, con esso, la stessa Unione Europea.

Tre anni fa si cominciò con la Grecia, trascinandone la soluzione per troppo tempo e senza essere ad oggi approdati ad una conclusione definitiva. È di questi giorni un’ulteriore temuta missione della “troika” (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) ad Atene per verificare l’andamento del risanamento.

Sinistri scricchiolii giungono dalla Slovenia in difficoltà, anche se quel Governo – dopo  le misure adottate per Cipro – si è precipitato a dichiarare che non erano necessari salvataggi.

Anche perché, di questi tempi, i salvataggi fanno paura ai “salvati”, come ha dimostrato il caso di Cipro, una vicenda complessa e confusa che ha tenuto con il fiato sospeso mezzo mondo e non solo l’eurozona e l’UE, di cui Cipro fa parte.

Molto della complessità della situazione cipriota deriva dalla sua particolare vocazione di “paradiso fiscale”, infiltrato nell’UE, a beneficio non solo e non tanto della popolazione locale quanto piuttosto per i titolari stranieri di conti, in particolare di oligarchi russi e dintorni.

E qui la situazione si complica, anche per i legami politici che Cipro intrattiene con la Russia, interessata a una presenza nel Mediterraneo, area geostrategica molto sensibile oltre che ricca di risorse energetiche. La prova di questo particolare interesse è apparso subito chiaro dalle  furiose reazioni del Cremlino che suonavano come un diktat all’UE, accusata di “rubare” soldi dagli opulenti conti dei russi. Non importava se su molti di quei conti pesava il fondato sospetto che si trattasse di disinvolti riciclaggi di denaro non troppo pulito.

Certo è anche che l’UE, insieme con il Fondo monetario internazionale, è intervenuta come un “rinoceronte in una cristalleria”, imponendo precipitosamente tempi brevi per il reperimento da parte del governo cipriota di circa 6 miliardi di euro a complemento dei 10 miliardi forniti dall’UE.

La misura che ne è seguita di un prelievo forzoso sui depositi ha provocato una corsa agli sportelli, la ribellione dei cittadini ciprioti e l’opposizione del Parlamento dell’isola.

Alla fine le misure sono state temperate, proteggendo i depositi fino a 100 mila euro e procedendo ad un prelievo forzoso che potrebbe aggirarsi attorno al 37% per i depositi di valore superiore.

La vicenda non finisce qui: trattative sono ancora in corso, con l’UE che non vuole alzare oltre una certa soglia il suo intervento (i cui costi dovranno essere ripartiti proporzionalmente tra i Paesi dell’eurozona) e il Fondo monetario internazionale, che vincola il suo intervento a misure molto severe.

Intanto un primo risultato è stato quello di spaventare i risparmiatori europei e tra questi gli italiani, grazie anche al maldestro intervento del neo-Presidente olandese dell’eurogruppo secondo il quale il “modello-Cipro” avrebbe potuto applicarsi anche ad altri Paesi. La smentita che ha fatto seguito non è bastata a rassicurare, come dimostra la reazione ricordata sopra della Slovenia e i timori che si sono diffusi anche in un’Italia zavorrata da una grave crisi politica.

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