Russia, la corruzione nel mirino dell’opposizione

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Le prossime elezioni presidenziali in Russia si svolgeranno esattamene fra un anno, nel marzo 2018 . Molti tuttavia i segnali che indicano che la campagna elettorale è già iniziata, anche se, per il momento, non ci sono ancora candidature ufficiali. Pochi i dubbi in ogni caso su un secondo mandato di Vladimir Putin, mandato che lo porterebbe alla Presidenza della Russia fino al 2024.

I segnali che guardano a tale scadenza si sono concretizzati in questi ultimi giorni in importanti manifestazioni di piazza in molte città della Russia, manifestazioni composte in particolare da giovani cittadini che avevano  scelto di mettere al centro della loro protesta la corruzione che si annida nel Governo e fra i responsabili politici. Ad ispirare e guidare le manifestazioni, una figura ormai nota anche fuori dalla Russia, Alexej Navalny, da anni in prima fila nell’opposizione al Presidente Putin e varie volte arrestato e condannato per le sue attività di denuncia della corruzione.

In una Russia politicamente spenta come quella di Putin, e dove quasi tutta la vita politica è decisa dentro le mura del Cremlino, Navalny, a partire soprattutto dalle imponenti manifestazioni del 2011-2012, e dopo l’assassinio di Boris Nemtsov nel 2015, è diventato l’unico oppositore politico in grado di mobilitare i cittadini russi e spingerli ad esprimere, anche fra notevoli difficoltà, le loro opinioni. Il Governo ha infatti, a partire in particolare dal 2014, adottato leggi contro manifestazioni e cortei, ha imbavagliato la stampa e ha spesso arrestato e imprigionato persone in modo arbitrario.

Ma tant’è, ancora una volta e malgrado la prevedibile repressione e gli inevitabili arresti (circa 700 persone), molti cittadini sono scesi in piazza a denunciare un sistema corrotto e che si arricchisce, mentre il Paese sta attraversando una crisi economica dalle pesanti ricadute sulle condizioni di vita di molte persone. Ed è appunto questo aspetto che sta lentamente indebolendo la grande popolarità di cui gode ancora Putin, il quale, secondo un sondaggio dello scorso novembre, avrebbe un consenso che si aggira intorno al 70%.

Le ragioni di un tale consenso risiedono in gran parte nella storia della Russia degli ultimi vent’anni, una storia in cui, secondo lo stesso Presidente Putin, il crollo dell’Unione Sovietica è stato vissuto come la più grande tragedia del XX secolo, generando nel Paese un sentimento di isolamento e di debolezza a livello internazionale. Putin ha risposto a questi sentimenti impersonando uno Stato forte e un leader autoritario, un ruolo che lo ha spinto a perseguire una politica che riportasse la Russia ad un maggior protagonismo sullo scacchiere internazionale, pronto a pagare un prezzo elevato nei rapporti con l’Occidente. Il suo ruolo sullo scacchiere mediorientale e sui confini orientali dell’Unione Europea sono due esempi di questa politica.

Ora Putin, per consolidare la sua posizione e vincere le elezioni del 2018 con larga legittimazione, deve mantenere un forte sostegno da parte della popolazione. Sarà necessario quindi avviare anche quelle riforme strutturali, economiche e sociali che la gente aspetta da lungo tempo e che non si prospettano  indolori. La sua campagna elettorale, alla luce delle recenti manifestazioni e delle denunce espresse, sarà quindi tutta da scrivere, visto che Navalny ha ribadito la sua intenzione di correre per le prossime presidenziali.

Intanto l’Unione Europea, in seguito all’arresto di centinaia di cittadini, ha chiesto alla Russia di rispettare le libertà fondamentali, come previsto dalla Costituzione, e in particolare la libertà di espressione, di associazione e riunione pacifica. Un richiamo quindi anche ai diritti dell’uomo, un tema altrettanto importante non solo per i cittadini russi, ma anche per le future e, si spera, pacifiche e rispettose relazioni che l’Europa dovrà tessere con il suo grande vicino.

Relazioni tuttavia tutte da identificare e che si delineano sullo sfondo di uno scenario dalle tinte inquietanti. In un’Europa in grande difficoltà e debolezza, alle prese con Brexit, terrorismo, ingestibili flussi migratori e crisi economica e sociale, solleva infatti legittimi interrogativi il rapporto che Putin sta instaurando con alcuni partiti europei che più raccolgono il malumore della gente, partiti di estrema destra in primis, populisti e nazionalisti, dal Front National francese, alla Lega di Salvini e al Movimento Cinque Stelle. Una prospettiva che non promette nulla di buono e i cui sintomi di oggi non vanno certamente sottovalutati.

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