Le elezioni presidenziali in Romania del 24 novembre 2024 hanno suscitato polemiche e incertezze a causa di presunti brogli e manipolazioni, portando alla decisione della Corte Costituzionale di annullare il primo turno e ripetere l’intero processo elettorale.
Il vincitore del primo turno, Călin Georgescu, candidato indipendente di estrema destra, ha ottenuto il 22,94% dei voti, mentre Elena Lasconi, sindaca di centrodestra, si è fermata al 19,18%. Altri candidati in competizione includevano Marcel Ciolacu del Partito Social Democratico (PSD) con il 19,15%, George Simion dell’Alleanza per l’Unione dei Rumeni (AUR) con il 13,86%, Nicolae Ciucă del Partito Nazionale Liberale (PNL) con l’8,79% e Mircea Geoană, indipendente con il 6,32%. La candidatura filoeuropea di Lasconi avrebbe dovuto sfidare Georgescu al ballottaggio dell’8 dicembre, ma ora l’intero calendario elettorale è stato messo in discussione.
Călin Georgescu, proveniente dall’Alleanza per l’Unione dei Rumeni (AUR), è noto per le sue posizioni fortemente critiche nei confronti dell’Occidente e della NATO, sostenendo una visione politica che valorizza il ritorno alle radici tradizionali e la sovranità nazionale; egli è anche favorevole a una maggiore alleanza con la Russia, posizione che lo rende un candidato filorusso in un contesto europeo molto polarizzato. La sua campagna ha messo al centro temi come la difesa dell’identità culturale rumena, la critica all’influenza occidentale e la lotta contro la corruzione interna, ma le sue idee sono state fortemente contestate a causa dei legami con forze politiche esterne e per l’uso di pratiche elettorali discutibili.
Dall’altro lato, Elena Lasconi rappresenta un’alternativa più moderata e filoeuropea. Sindaca di centrodestra, è legata all’Unione Salvate la Romania (USR), un partito che si presenta come difensore della democrazia liberale e dei valori europei. Lasconi ha sostenuto l’integrazione della Romania in strutture internazionali come l’Unione Europea e la NATO, promuovendo politiche progressiste in ambito economico e sociale, focalizzandosi sulla lotta alla corruzione, la modernizzazione del sistema istituzionale e il rafforzamento delle alleanze con i partner europei. Le sue posizioni contrastano nettamente con quelle di Georgescu, con un forte accento sull’occidentalizzazione e sull’adesione ai valori democratici europei.
La Corte Costituzionale, il 6 dicembre scorso, ha annullato il voto a seguito dell’emergere di nuove prove che indicano interferenze esterne. Questa decisione ha suscitato reazioni contrastanti sia tra la popolazione sia tra i rappresentanti dei principali partiti politici rumeni. Fonti ufficiali hanno evidenziato che il processo elettorale è stato condizionato da manipolazioni sui social media, in particolare su TikTok, dove Georgescu avrebbe tratto vantaggio da algoritmi alterati per amplificare i propri contenuti a discapito dei concorrenti. La sua campagna elettorale risulterebbe supportata da circa 25.000 profili falsi, con il sospetto di un ruolo cruciale della Russia, accusata di influenzare l’esito elettorale attraverso attacchi informatici e campagne di disinformazione. Documenti declassificati dai servizi di intelligence rumeni confermerebbero l’esistenza di un’operazione di ingerenza esterna, compromettendo ulteriormente la legittimità del voto.
L’8 dicembre, giorno previsto per il ballottaggio, Georgescu ha reagito simbolicamente andando a votare, accusando le autorità di temere la sua vittoria e annunciando un ricorso contro la sentenza, anche presso la Corte europea dei diritti umani. Il premier Marcel Ciolacu, candidato socialdemocratico, ha invece sostenuto l’annullamento definendolo “l’unica soluzione giusta” per tutelare la democrazia, mentre figure come Elena Lasconi lo hanno criticato come un attacco democratico. La vicenda ha suscitato preoccupazione internazionale, con l’UE che ha ribadito la necessità di proteggere la democrazia da interferenze straniere, aggravando in Romania un clima di sfiducia istituzionale e instabilità politica.
Intanto, le elezioni parlamentari del 24 novembre hanno visto un successo significativo di Georgescu, il cui sostegno è stato interpretato come un voto di protesta contro l’establishment politico, anche se il panorama continua a rimanere incerto. L’ascesa di Georgescu ha provocato la crisi dei partiti di governo, con le dimissioni di diversi leader, e sollevato interrogativi sul futuro della politica rumena. In questo contesto, l’ombra delle interferenze straniere e la manipolazione dei social media sono diventati temi centrali, con il Presidente Iohannis che ha espresso preoccupazione per l’influenza esterna sulla vittoria di Călin Georgescu, ritenendo che ciò fosse il risultato di un sostegno elettorale illegale e non trasparente.