Rischio di naufragio per l’Europa nel Mediterraneo

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Il Mediterraneo è stato a lungo nella storia uno dei centri dell’Europa. Lo è stato ancora, con un ruolo minore, nei primi tempi della nascente Comunità Europea a Sei, quando Italia e Francia rappresentavano una metà dei suoi cittadini. Da allora il progressivo ritorno, economico e politico, sulla scena europea della Germania e gli allargamenti degli ultimi trent’anni, con l’arrivo dei Paesi nordici e quelli in provenienza dall’ex – Unione Sovietica, molte cose sono cambiate nella geografia europea, facendo scivolare il Mediterraneo ai margini dell’Unione Europea.

Oggi, quei margini stanno riconquistando un’attenzione crescente, anche se a spese di situazioni di crisi che stanno allarmando l’Europa intera. È il caso della vicenda greca, lontana da una soluzione definitiva e quella, anche più grave, della crisi esplosa nella Libia, per non parlare dell’infinito irrisolto conflitto israelo – palestinese, una mina per tutto il Medioriente, delle minacce dell’Isis fino ai rischi di una proliferazione nucleare in Iran, un’area già di suo sufficientemente esplosiva.

In questo Mediterraneo esposto a più di una tempesta continuano a consumarsi i drammi dei migranti, non più protetti per quanto possibile dal programma italiano “Mare nostrum”, sostituito dall’insufficiente operazione “Triton” promossa dall’UE. Si tratta di una situazione sempre meno tollerabile e che, la settimana scorsa, ha avuto almeno il merito di risvegliare l’attenzione della Commissione europea, decisa ad accelerare un cantiere per una risposta globale al problema delle migrazioni.

È stato annunciato per metà maggio il pacchetto delle misure previste, con quattro priorità:

il miglioramento dei sistemi europei di asilo, il rafforzamento dell’Agenzia “Frontex”, l’apertura di nuovi canali di migrazione legale e la lotta contro l’immigrazione illegale e le reti criminali dei trafficanti che la alimentano.

Si tratta di misure che stentano a progredire nell’UE, sia per l’assenza di una competenza chiaramente europea in materia sia per la resistenza di alcuni Paesi (Germania, Francia e Svezia) che ritengono di fare già la loro parte, per esempio, per quanto riguarda le domande di asilo, come confermano i dati di Eurostat, l’Ufficio statistico UE.

Problematico anche il quadro dell’emigrazione legale con visti da accordare nei Paesi di partenza, ma tenendo conto di due esigenze in contrasto tra di loro: l’alto tasso di disoccupazione nell’UE ma anche le sue prospettive demografiche che segnalano il bisogno di manodopera in arrivo da Paesi terzi.

Complicato anche il dossier “Frontex”, l’Agenzia per il coordinamento del pattugliamento delle frontiere esterne dell’UE: pesano i vincoli di bilancio e il numero crescente di immigrati illegali, triplicati nel 2014 rispetto al 2013 e previsti in crescita esponenziale per questo 2015. Contatti sono in corso con i Paesi africani e l’Alto Rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini, si è espressa per il rafforzamento della cooperazione internazionale, in particolare nei confronti della Libia.

È in corso nel Mediterraneo, tra venti e tempeste, un’importante “prova d’Europa”, dal cui esito dipenderà molto del futuro dell’Unione Europea, per la solidarietà tra Nord e Sud e per la pace nel Continente.

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