A metà maggio la Commissione europea pubblica le sue previsioni economiche per i prossimi mesi.
Lo ha fatto anche quest’anno e non sono state buone notizie, nonostante che illusioni non ne avessimo.
Al difficile rientro dalla devastazione dell’economia provocata dalla pandemia ha fatto seguito l’invasione russa dell’Ucraina con le conseguenze che conosciamo: quelle umanitarie e politiche, ma anche economiche.
Il 2021 sembrava l’anno della ripresa con una crescita del Prodotto interno lordo (PIL) del 5,4% nell’eurozona, ancora meglio aveva fatto l’Italia con il 6,6%, molto meglio della Germania ferma al 2,9%.
I guai stanno arrivando in questo 2022 con una previsione di crescita del 2,7% nell’eurozona, dimezzata rispetto all’anno precedente; anche peggiore è prevista la crescita italiana bloccata al 2,4%, fa peggio ancora la Germania con l’1,4%.
E le notizie non sono buone neanche per il 2023 quando l’economia della zona euro decrescerà ancora al 2,3%, con l’Italia sotto all’1,9%, mentre sarà in ripresa la Germania al 2,4%.
Completano il quadro gli indicatori dell’inflazione in forte crescita nel 2022: tre volte maggiore di quella del 2021, tanto per l’eurozona che per l’Italia, prevista al 5,9%, di poco più sotto di quella della Germania (6,5%). Ne risente anche la disoccupazione in leggera discesa nella zona euro, prevista al 7,3%, con l’Italia però al 9,5%, in terz’ultima posizione davanti a Grecia e Spagna, ma con la Germania in prima posizione con solo il 3,3% di disoccupati.
Tra tante non buone notizie per l’Italia fa eccezione il debito pubblico italiano in riduzione sia nel 2022 che nel 2023 ma sempre su valori molto elevati, attorno al 150% del PIL, pari comunque a quasi 2.800 miliardi di euro.
Da questi numeri è segnata la nostra vita quotidiana e la contesa politica alla vigilia delle vicine elezioni amministrative e in attesa fra un anno delle elezioni politiche.
Nella nostra vita quotidiana sperimentiamo l’impennarsi dei costi della spesa e delle bollette, l’incertezza sulle prospettive di lavoro e tutti i sacrifici in programma.
Nella vita politica italiana il quadro economico mette in crescente tensione il governo e la sua maggioranza, divisa tra chi sostiene, non senza qualche fatica, il presidente Mario Draghi, resistendo alle richieste di scostamento del bilancio (il nostro deficit è ancora previsto nel 2022 a -5,5% sul PIL, peggio di noi solo Malta e la Lettonia), mentre si agitano i nostri populisti, richiamati all’ordine non solo dalla Germania che torna ad invocare rigore, ma anche dalla Commissione europea, preoccupata per le resistenze che si manifestano nella maggioranza sul versante delle riforme, come quelle sul fisco e la concorrenza, alle quali è legata anche la sorte del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (PNRR).
Tutto questo sta vivendo quell’”isola felice” che credevamo potesse essere l’Europa, protetta da una pace di lunga durata, ma è difficile prevedere che cosa accadrà se questa guerra continuerà e come si presenterà il mondo di domani, minacciato da una crescente povertà e dalla fame in molti Paesi e alle prese con l’esplosione della spesa militare, destinata a sottrarre risorse allo sviluppo e alla protezione sociale.
Molto dipenderà anche da come riuscirà a reagire l’Unione Europea, se muovendo in ordine sparso o attrezzandosi per il rafforzamento di politiche comuni, tanto sul fronte della carenza di energia che in favore di un possibile nuovo debito comune per dotarsi di un bilancio all’altezza delle sfide che deve affrontare. Non sarà facile con una futura politica monetaria che per contenere l’inflazione raffredda l’economia, con il rischio di innescare crisi sociali difficili da contenere.
Sarebbe meglio se ne rendessero conto quelle forze politiche che si illudono di potersi aggrappare al mito della “sovranità nazionale” per non affondare.