Quale futuro per la Libia?

182

Si è svolta a Parigi il 12 novembre scorso una significativa Conferenza internazionale sulla Libia, in vista delle prossime elezioni legislative e parlamentari che dovrebbero tenersi il 24 dicembre prossimo. Significativa perché, per la prima volta, a co-presiedere la Conferenza insieme al Primo Ministro libico e all’ONU, sono state Francia, Germania e Italia insieme, superando vecchi e recenti divari per portare al tavolo dei negoziati una maggiore presenza dell’Europa. Ma significativa anche per la portata di questa sfida elettorale in Libia, che dovrebbe portare ad una stabilità del Paese, nonché a fermare quelle lotte fratricide e quelle divisioni che si sono costantemente accentuate dalla caduta di Gheddafi nel 2011. Una caduta alla quale contribuirono le forze della NATO, in particolare Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna.

Erano tuttavia presenti alla Conferenza una ventina di Paesi, attori locali, regionali e internazionali venuti a sostenere un processo elettorale che, a dir poco, si presenta complesso e non privo di futuri, inquietanti risvolti. Data soltanto dell’ottobre 2020 infatti, la firma, sotto l’egida dell’ONU, di un cessate il fuoco permanente per mettere fine al conflitto fra un Governo di unità nazionale, riconosciuto dalla comunità internazionale con sede a Tripoli e il Generale Khalifa Haftar, a capo dell’autoproclamato Esercito nazionale libico in Cirenaica, deciso a conquistare militarmente il potere. Il cessate il fuoco ha poi condotto, nel marzo di quest’anno alla costituzione di un nuovo Governo di unità nazionale, chiamato a guidare la Libia in una fase di transizione, ovvero fino alle elezioni previste per il 24 dicembre prossimo. 

Anni di guerra, di instabilità politica e istituzionale, di conflitti a matrice tribale, hanno  particolarmente segnato gli ultimi dieci anni della storia di questo Paese, situato alle porte dell’Europa, ricchissimo di risorse naturali, incrocio e punto di arrivo delle rotte africane verso il Mediterraneo, terreno fertile per traffici di ogni genere.

Non solo, ma in quest’ultimo periodo, la Libia era diventata anche terreno di interesse e scontro di importanti attori internazionali, in particolare di Russia e Turchia, attori che hanno avuto un ruolo significativo, su versanti opposti, nelle sorti del conflitto e nel successivo cessate il fuoco. Due attori tuttavia che non intendono lasciare il Paese, come richiesto dalla mediazione dell’ONU nelle Conferenze preparatorie, in particolare dalla Conferenza di Berlino dello scorso mese di giugno. Significativi al riguardo il silenzio e la scarsa partecipazione di questi due Paesi alla Conferenza di Parigi, un silenzio che sembra in attesa di un problematico prossimo futuro.

In queste condizioni non è difficile immaginare quanto fragile sia la tenuta della tregua e della pace e quanto difficoltoso sia il percorso verso elezioni volte a riunificare e a stabilizzare il Paese. Nel frattempo, e sempre nell’incertezza sul rispetto della doppia scadenza elettorale per il 24 dicembre prossimo, appaiono due candidature sulle quali riflettere con apprensione: quella del Generale Haftar e quella del figlio maggiore di Gheddafi, Saif al Islam Gheddafi. 

Certo è che la stabilità della Libia è, e lo sarà sempre più, una priorità per l’insieme dell’Europa e per l’Italia in particolare.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here