Piano in dieci punti per Lampedusa

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Negli ultimi giorni sull’isola di Lampedusa, ormai da anni al centro dei riflettori quando si parla di immigrazione, sono arrivati circa 8.500 migranti. Questa cifra fa impressione soprattutto se confrontata con quella degli abitanti dell’isola: 6.100. 

Quella migratoria rappresenta, ormai, una situazione straordinaria che sembra tornare “ad ondate”, generando “crisi” ed “emergenze” quasi stagionali. C’è da chiedersi, tuttavia, se questa “straordinarietà” non sia “generata”, più che “subita”, dai sistemi di controllo dei flussi, che i paesi che si affacciano sul Mediterraneo (l’Italia per prima) stanno rendendo sempre più stringenti. 

Considerata la situazione a Lampedusa, e riconoscendo la crescente pressione esercitata lungo diverse rotte migratorie, la presidente della Commissione europea von der Leyen ha presentato un piano in dieci punti di azioni immediate, da realizzare “nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e degli obblighi internazionali”:

  1. Rafforzamento del sostegno all’Italia da parte dell’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo (EUAA) e della guardia di frontiera e costiera europea (Frontex) per gestire l’elevato afflusso di migranti.
  2. Sostegno al trasferimento delle persone fuori da Lampedusa, anche verso altri Stati membri, avvalendosi del meccanismo volontario di solidarietà e prestando particolare attenzione ai minori non accompagnati e alle donne.
  3. Rafforzamento dei rimpatri, avviando rinnovati e concertati contatti con i principali paesi di origine dei nuovi arrivi (Guinea, Costa d’Avorio, Senegal e Burkina Faso) 
  4. Sostegno alla prevenzione delle partenze, istituendo partenariati operativi con i paesi di origine e di transito per la lotta al traffico di migranti.
  5. Rafforzamento della sorveglianza di frontiera aerea e marittima, anche attraverso Frontex, e studio di opzioni per espandere le missioni navali nel Mediterraneo.
  6. Adozione di misure per limitare l’uso di imbarcazioni non idonee alla navigazione e per contrastare i trafficanti. 
  7. Aumento del sostegno da parte dell’EUAA per l’applicazione di procedure di frontiera rapide e accelerate, compreso l’uso del concetto di paese di origine sicuro, il rifiuto di domande manifestamente infondate, l’emissione di divieti d’ingresso e la loro registrazione nel sistema d’informazione Schengen.
  8. Aumento delle campagne di sensibilizzazione e comunicazione per scoraggiare le traversate del Mediterraneo, continuando a lavorare per offrire alternative quali l’ammissione umanitaria e i percorsi legali.
  9. Cooperazione più intensa con l’UNHCR e l’OIM per adottare un approccio globale al fine di garantire la protezione lungo il percorso e aumentare il rimpatrio volontario assistito dai paesi di transito.
  10. Attuazione del protocollo d’intesa UE-Tunisia, con priorità alle azioni con impatto immediato per affrontare la situazione attuale e agevolare la contrattazione di nuovi progetti nel quadro di tale protocollo.

Questi punti rievocano un passato (tristemente recente) di accordi con paesi d’origine e di transito apertamente incuranti del rispetto dei diritti umani: si pensi alla Libia, Paese che sempre più spesso viene definito “stato fallito” e con cui l’Italia ha sottoscritto diversi accordi in ambito migratorio, ma che non ha mai nemmeno aderito alla Convenzione di Ginevra del 1951 o al Protocollo sui rifugiati. A questo aspetto si aggiunge, inoltre, la nebulosa nozione di “paese sicuro”, ossia “paese per il quale si può dimostrare che non vi è generalmente e costantemente persecuzione, né tortura o trattamenti disumani o degradanti, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”. 

Per approfondire Piano in 10 punti per Lampedusa 

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