Per la Bolkestein si aspetta la plenaria del Parlamento

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Il lungo cammino della direttiva Servizi inizia nel gennaio 2004 quando il Commissario alla Concorrenza (membro dell’esecutivo guidato da Romano Prodi) la propone e la Commissione tutta la approva all’unanimità  .
In sintesi la direttiva ha l’obiettivo di stabilire un quadro giuridico volto ad agevolare l’esercizio della libertà   di stabilimento dei prestatori di servizi negli Stati membri e la libera circolazione dei servizi tra Stati membri; inoltre tende a garantire a prestatori e destinatari dei servizi la certezza giuridica necessaria all’effettivo esercizio di queste due libertà  .
L’iter del provvedimento è stato accompagnato da un acceso dibattito dentro e fuori dalle sedi istituzionali, da un cambio di legislatura di non poca rilevanza (a febbraio il Presidente Barroso ne annunciಠil «congelamento») e da passaggi parlamentari lunghi tortuosi e non di rado conflittuali. Ben dieci sono state le commissioni parlamentari che hanno espresso un parere su questa direttiva. I voti più rilevanti dal punto di vista politico sono stati quello della commissione Affari Sociali e soprattutto quella della commissione Mercato interno e tutela dei consumatori competente per materia. Fin dall’inizio i punti più controversi sono stati il principio del Paese di origine che impone all’esportatore di servizi di rispettare solo la normativa del proprio Stato (e non quella del Paese in cui la prestazione viene erogata) e la definizione del campo di applicazione della direttiva, cui si collega la complessa questione dei Servizi di Interesse Generale. Su questi temi la socialdemocratica tedesca Evelyne Gebhardt aveva cercato nelle settimane scorse un compromesso che evitasse lo scontro frontale e che consentisse di apportare tutti i miglioramenti possibili ad una direttiva che se approvata tout court rappresenterà   una seria minaccia per il modello sociale europeo già   così bistrattato in questo semestre britannico di presidenza dell’Ue.
Il testo licenziato dalla commissione parlamentare non pregiudica nulla per il futuro e in particolare lascia aperta la partita che si giocherà   ad inizio 2006 per il voto in plenaria, ma segna indubbiamente un momento difficile per i fautori dell’Europa sociale – peraltro prevedibile visto l’attuale quadro politico europeo – e accende un allarme per la tenuta del welfare.
I punti forti della proposta Gebhardt non sono stati integrati nel testo licenziato dalla commissione. Il principio del Paese di origine viene approvato con alcune deroghe: non si applica ad alcuni servizi (poste, gas elettricità  ) e viene contemperato dal principio del Paese di destinazione, in base al quale il Paese in cui la prestazione viene erogata è sovrano nell’applicare la sua legislazione in materia di salute e sicurezza pubblica o nella supervisione del prestatore di servizi. Vengono esclusi dall’applicazione della direttiva i servizi di interesse generale ma non i servizi di interesse economico generale; non passa la proposta di avviare un serio processo di armonizzazione del settore dei servizi, passo imprescindibile per il raggiungimento dell’obiettivo della libera circolazione dei servizi stessi prevista dai tratti costitutivi dell’Unione europea.
Il testo uscito dalla commissione prevede che la direttiva non possa essere usata per la privatizzazione dei servizi economici di interesse generale o per ostacolare le misure di promozione della diversità   linguistica e del pluralismo, non possa interferire con le legislazioni nazionali in materia di diritto del lavoro, contratti collettivi e sicurezza sociale e non possa essere applicata in ambiti quali la fiscalità  , la salute, i servizi giuridici e i servizi di recupero crediti.
Inoltre, alcune modifiche significative apportate al testo proposto dall’esecutivo riguardano: la prevalenza delle normative settoriali esistenti sulla direttiva, l’introduzione di un formulario europeo armonizzato per le attestazioni e i certificati, l’abolizione del silenzio-assenso per la domanda di stabilimento in un altro Stato membro.
Le maggioranze fatte registrare dalle posizioni uscite vincenti dal voto in commissione sono abbastanza ristrette: 19 contro 17 sui campi di applicazione e 21 contro 16 sugli altri due punti controversi, questo dato lascia qualche spiraglio per il voto in plenaria – che si terrà   probabilmente a febbraio e -che sarà   preceduto da nuovi negoziati nel corso dei quali si tenterà   di portare gli indecisi sulle posizioni del rapporto Gebhardt o comunque a condividere un compromesso che impedisca a questa «miccia», accesa ormai da anni di far saltare quel che resta delle garanzie e dei diritti sociali.

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