La disfatta occidentale a Kabul è racchiusa in due date: 2001 l’attacco alle Torri gemelle di New York e il ritorno dei talebani al potere in Afghanistan in questo 2021. Vale la pena fare memoria di quanto è accaduto in questi vent’anni per misurare anche, con la sconfitta americana, la traiettoria dell’Unione Europea, allertata dalla storia all’alba del nuovo millennio e ancora una volta colta di sorpresa dal fallimento in Afghanistan.
Il nuovo secolo manda fin da subito messaggi divergenti: la sicurezza violata degli USA e la minaccia terrorista per l’Europa l’11 settembre; pochi mesi dopo, il 15 dicembre 2001 l’UE al Consiglio europeo di Laeken si prepara al futuro, convocando la Convenzione per dare all’UE un Progetto di Costituzione e inaugura, il 1° gennaio 2002, l’entrata in circolazione dell’euro. Mancano solo più due anni al più grande allargamento che, a gennaio 2004, porterà nell’UE dieci nuovi Paesi, in gran parte provenienti dalla dissolta Unione Sovietica. Non si può dire che siano mancate le occasioni per ridare vigore alle democrazie occidentali, purtroppo sono mancati i risultati.
E non sono solo mancati risultati sui campi di battaglia, come avvenuto con l’invasione dell’Afghanistan nel 2001 e con l’intervento armato in Iraq nel 2003, con una coalizione guidata dagli USA e osteggiata da Francia e Germania. La prima azione militare durerà vent’anni, la seconda si concluderà dopo dieci anni, entrambe con gli esiti che sappiamo, in coincidenza con l’inizio della guerra civile in Siria, tuttora in corso.
Nel corso di questi ultimi vent’anni anche la nostra Europa vive eventi salienti. A inizio secolo, dopo due anni di lavoro, prende forma il Progetto di Costituzione europea, sottoscritto a Roma il 29 ottobre 2004 dal Consiglio europeo e affondato pochi mesi dopo, tra fine maggio e inizio giugno 2005, da Francia e Olanda. Ci vorranno cinque anni perché, nel dicembre 2009, il nuovo Trattato di Lisbona ne riprenda alcune parti, senza che si parli più di Costituzione.
Nel frattempo, il 15 settembre 2008, il fallimento della Banca americana Lehman Brothers innesca una crisi finanziaria che investirà subito l’UE, trascinandola in una crisi economica e sociale, con forti ricadute politiche. Cadono governi, ma soprattutto cade la credibilità dell’UE, incapace di rispondere unita alla crisi, con conseguenze pesanti per i Paesi economicamente più deboli: ne sa qualcosa la Grecia, ma anche l’Italia non ne esce indenne. E intanto crescono movimenti nazional-populisti, aggrappati, come avrebbe detto Einaudi, al “dogma della sovranità perfetta…nemico primo e massimo dell’umanità e della pace”, responsabile delle tragedie del secolo scorso, a testimonianza che anche quelle lezioni a qualcuno non sono servite.
Ma il continente si disgrega anche sotto spinte diverse: nel 2014 la Federazione russa annette la Crimea e a poco serviranno le sanzioni fortemente volute dagli USA e condivise dai Paesi UE e, nel 2016, l’Unione Europea incappa nell’azzardato referendum di Brexit, che contribuirà a paralizzarla per anni, fino alla secessione britannica, conclusasi nel dicembre 2020. E il 2020 è l’anno della pandemia da Covid-19, anch’essa tuttora in corso.
In questo quadro non proprio di tutto riposo, mentre gli USA vivevano – e ci hanno fatto vivere – l’irruzione di Trump e mentre la Cina avanzava nella sua lunga marcia alla conquista del mondo, l’UE trova la forza nel secondo semestre del 2019 per un nuovo slancio e nel luglio del 2020 per svoltare verso un’inattesa iniziativa di solidarietà con l’adozione del Piano europeo per la ripresa (Recovery fund), alimentato da un debito comune europeo.
Il bilancio di questi ultimi vent’anni è a tinte contrastate per l’UE che ha resistito agli attacchi – più pericolosi quelli interni, come le derive polacche e ungheresi – ma non ha trovato la forza delle sue ambizioni, a più riprese dichiarate e troppo spesso non onorate. E’ di nuovo il momento di provarci, per salvare l’onore dell’occidente e, più ancora, per mettere in sicurezza le sue fragili democrazie, nel mondo di regimi autoritari che la circondano.
Caro Franco, è veramente grande il rischio di scivolare nei terreni paludosi e suicidi dei nazionalismi. Si fa pertanto sempre più urgente il concretizzarsi di una Europa Federale confermata dall’atto costituzionale, abbandonato per incapacità istituzionale dei paesi membri, arroccati nell’angusto quanto avvilente sovranismo nazionalista.
Non dobbiamo stancarci di promuovere identità democratiche capaci di superare le barriere nazionaliste perché forti dello spirito di Librtà di e per tutti i popoli come lo era Gino strada.
Grazie sempre per la possibilità che ci offri di entrare nelle tematiche internazionali da un presupposto Europeo, di un’Europa pur ancora se non in stato embrionale, diciamo in una età tardivamente evolutiva.
L’Afghanistan come tuti i paesi oppressi da guerre armate o economiche, sono frutto di egoistici quanto miopi interessi, dei quali ciascuno per la propria parte siamo responsabili e contro i quali dobbiamo continuare la lotta per i diritti umani. Ogni lembo di mondo è casa nostra e non lo si può abbandonare, altrimenti la deriva sarà di tutti.
Con l’augurio di un profiquo buon lavoro, cordialmente saluto. Mariano.