Nadia Murad e Lamiya Aji Bashar sono le vincitrici del Premio Sakharov 2016

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Martin Schulz, Presidente del Parlamento europeo, e i capigruppo delle forze politiche hanno assegnato il Premio Sakharov 2016 per la libertà di pensiero a Nadia Murad e Lamiya Aji Bashar, le attiviste Yazide sopravvissute alla schiavitù a cui erano state costrette dai militanti dell’ISIS, attualmente portavoce di tutte le donne seviziate e torturate dalla campagna di violenza messa in piedi dall’autoproclamato Stato islamico. Il Premio Sakharov verrà loro consegnato a Strasburgo il 14 dicembre prossimo.

«Stiamo dimostrando che la lotta di Nadia Murad e Lamiya Aji Bashar non è stata vana e l’Europa è pronta a sostenerle passo dopo passo per aiutare a combattere le brutalità commesse da questo sedicente Stato islamico, che terrorizza ancora troppe persone. Sono riuscite a fuggire e arrivare in Europa, dove sono state accolte e protette», ha affermato Martin Schulz.

Entrambe le attiviste provengono da Kocho, in Iraq. Il 3 agosto 2014, i militanti dello Stato islamico hanno ucciso tutti gli uomini del villaggio, mentre le donne giovani, tra cui Aji Bashar, Murad e le loro sorelle, sono state rapite e costrette alla schiavitù sessuale.

Nel novembre 2014, Nadia Murad è riuscita a fuggire e ha vissuto per qualche tempo in un campo profughi nel Nord dell’Iraq, per poi arrivare in Germania. Nello scorso mese di settembre, è diventata la prima ambasciatrice dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo e la prevenzione del crimine (UNODC) per la dignità dei sopravvissuti alla tratta degli esseri umani.

Lamiya Aji Bashar è riuscita a scappare dalla schiavitù, ma, durante la fuga, è esplosa una mina ed è rimasta ferita gravemente, perdendo quasi completamente la vista. Tratta in salvo, è stata trasportata per le cure mediche in Germania, dove ha potuto incontrare altri sopravvissuti della sua regione. Attualmente, Lamiya Aji Bashar è impegnata in attività di sensibilizzazione sulle atrocità commesse alla comunità Yazida in Iraq e nell’aiuto a donne e bambini vittime delle violenze dell’autoproclamato Stato islamico.

 

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