Messaggi dalle elezioni nell’UE

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Sono molte e frequenti le consultazioni elettorali nell’UE, da quelle presidenziali a quelle politiche fino a quelle amministrative locali. Non tutte hanno per l’UE la stessa rilevanza, ma non per questo i loro esiti sono da trascurare, se si vuole misurare costantemente la temperatura politica europea e avere un’idea di dove stiamo andando.
In questi ultimi giorni hanno mandato messaggi interessanti le elezioni in tre Paesi UE (Polonia, Francia e Croazia), senza contare quelle recenti in Serbia che nell’UE aspira ad entrare, anche se il risultato elettorale non ha l’aria di essere un buon biglietto da visita. Alle elezioni presidenziali serbe è riuscito vittorioso Aleksandar Vucic, alla guida di un partito populista e autoritario, erede di un passato non proprio pacifico e che poco lascia sperare di buono per l’UE. Si tratta di un risultato che peserà non poco sui negoziati in corso e sulle future prospettive europee dei Balcani.


Ma restiamo dentro l’UE, dove i problemi non mancano e percorriamo le ultime elezioni in rigoroso ordine cronologico, cominciando dal primo turno delle elezioni presidenziali in Polonia, proseguendo con quelle municipali in Francia per terminare con quelle appena concluse in Croazia.


Senza grandi sorprese il primo turno delle elezioni polacche del 28 giugno: il presidente uscente di destra, Andrzej Duda, si è piazzato primo con il 43,6 % dei voti, seguito a distanza dal sindaco liberale di Varsavia, Rafal Trzaskowski, con il 30,3%.
L’UE seguirà con particolare attenzione l’esito non scontato del secondo turno il 12 luglio, nel quale lo sfidante di Duda può raccogliere attorno a sé l’appoggio di importanti partiti minori e sperare nell’afflusso di nuovi elettori (potrebbero essere due milioni): una sua vittoria, sicuramente difficile, sarebbe una boccata di ossigeno per la politica europea e per la sua democrazia, minacciata dal comportamento dell’attuale governo polacco.


Nello stesso giorno si è tenuto il secondo turno delle elezioni municipali in Francia in importanti città come Parigi, Lione, Marsiglia, Bordeaux, Strasburgo e altre. Tre le indicazioni politiche espresse dal voto: un forte balzo in avanti dei Verdi, una tenuta dei socialisti e un significativo arretramento del partito del presidente Emmanuel Macron, tradito da un debole insediamento sul territorio e da divisioni interne. Un risultato che ha spinto Macron a un radicale cambiamento di compagine governativa, con un nuovo Primo ministro, suo fedele esecutore e con un riposizionamento verso il centro. Per l’UE un messaggio con luci ed ombre: le luci sono quelle dei primi due partiti citati, l’ombra è il rischio di indebolimento di Macron, impegnato in questi giorni con Angela Merkel per rilanciare il processo di integrazione europea.


Domenica 5 luglio infine si sono tenute in Croazia le elezioni legislative anticipate, giusto all’indomani del semestre di presidenza UE, esercitata dai croati senza lode e senza infamia, tenuto conto anche dell’irruzione del Covid-19. Qui la contesa era tra la destra al governo e la sinistra all’opposizione, entrambe alle prese con un partito populista di recente costituzione, ma già forte di un importante consenso e che potrebbe proporsi come ago della bilancia. La netta vittoria della coalizione già al governo sembra annunciare un esecutivo  ulteriormente spostato a destra.

Complessivamente giungono dalle elezioni recenti nell’UE segnali contrastanti per il futuro del processo di integrazione europea e altri analoghi potrebbero arrivare a settembre dalle elezioni regionali italiane, a dimostrazione che la maggioranza europeista nel Parlamento europeo dovrà continuare a fare i conti con le spinte nazional-populiste, alcune delle quali si tradurranno in governi ostili a ridare nuovo slancio all’UE dopo l’esperienza drammatica della pandemia, peraltro ancora in corso. 

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