Manovre in corso per il Bilancio UE 2028-2034

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Per la politica, tanto quella nazionale che quella europea, le parole non mancano, anzi; difficile diventa quando bisogna tradurle in numeri, quello dei bilanci pubblici. Siamo ormai a metà anno e la scadenza si avvicina della definizione della legge di bilancio annuale ed è ora di mettere giù qualche numero, almeno provvisorio, in attesa che si chiarisca il quadro di riferimento nell’incertezza che regna a livello internazionale tra guerre militari e guerre commerciali.

Nel caso dell’Unione Europea bisogna fare i conti con qualche complicazione supplementare: dalle previsioni della crescita europea esposta al ricatto dei dazi USA fino all’incognita della futura spesa per la difesa nel quadro dell’Alleanza Atlantica, da portare al 5% del Pil entro il 2035, dopo la decisione del Vertice NATO del 24-25 giugno all’Aja, per l’Italia spesa triplicata rispetto alla percentuale attuale.  

A tutto questo si aggiunge per l’UE la doppia programmazione di bilancio in corso di valutazione: quella per il bilancio comunitario 2026 e quella, di gran lunga più complessa e più importante, del nuovo “Quadro finanziario pluriennale” previsto per il periodo 2028-2034.

Limitiamoci qui a questa seconda programmazione chiamata ad affrontare “terre ignote”, dove però si misura la capacità di visione strategica dell’Unione a cavallo tra due legislature, la seconda delle quali sarà avviata dopo le prossime elezioni europee nel 2029.

Intanto è interessante, da un punto di vista di metodo, apprezzare una cultura finanziaria europea che punta a programmare su tempi relativamente lunghi, a differenza di quanto avviene a livello nazionale dove si opera su scadenze molto più ravvicinate e con poca visione di futuro.

Le manovre sulla programmazione UE 2028-2034 sono in corso da tempo: il colpo d’avvio è stato dato, in conformità con i Trattati, dalla Commissione europea che in materia di bilancio detiene un potere di proposta, sulla quale intervengono in dialogo tra loro il Parlamento europeo e il Consiglio dei ministri dei governi nazionali.

Le prime due mosse sono già state formalmente fatte: prima la Commissione europea, con una Comunicazione intitolata “La strada verso il prossimo Quadro Finanziario pluriennale”, resa pubblica nel febbraio scorso; a maggio ha dato una sua prima valutazione, non proprio positiva, il Parlamento europeo e, per non semplificare niente, non ha perso tempo la Corte dei Conti, che nello stesso mese di maggio, ha mosso critiche severe alla proposta della Commissione. Il prossimo 16 luglio è attesa la nuova proposta della Commissione che darà ufficialmente il via a contrastati negoziati tra i 27 governi UE.

La proposta della Commissione europea si articolerebbe su tre pilastri: il sostegno ai “Piani nazionali”, un “Fondo sulla competitività” e un “Fondo sull’azione esterna”. Tradotto: risorse per gli Stati nazionali sul modello del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (PNRR), un Fondo che risponde in parte alle proposte del Rapporto Draghi e finanziamenti alle spese per la difesa e i partenariati esterni. 

Il tutto senza affrontare un rafforzamento significativo del bilancio che il Parlamento vuole più ambizioso, a fronte delle sfide che attendono l’UE oggi e quelle di domani quando, attorno al 2035, saranno da affrontare i costi dei futuri allargamenti nei Balcani, in attesa di capire quando aprire le porte dell’UE all’Ucraina, senza far pagare troppo alla spesa sociale l’aumento delle risorse per la difesa.

La proposta della Commissione rischia di consegnare risorse comunitarie ai governi dei Paesi UE, incoraggiando una deriva verso una rinazionalizzazione del bilancio europeo, con rischi non indifferenti per le politiche comuni e la coesione sociale e politica dell’Unione.

Non è la prima volta che la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, parte con il piede sbagliato nelle sue proposte (basta ricordare il “Piano di riarmo europeo”): conforta il pensiero dei due anni e mezzo di tempo per aggiustare il tiro, ma senza troppe illusioni visti gli appetiti nazionali sul bilancio europeo.

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