L’ONU, il Medio Oriente e la pace

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Giornate intense di negoziati all’ONU in questi ultimi giorni di marzo. Sul tavolo due conflitti tenaci e molto diversi fra loro, ma situati ambedue nel cuore del Medio Oriente. Da una parte la Siria e il Consiglio di Sicurezza e dall’altra Israele e il Consiglio per i Diritti dell’Uomo. Per quanto riguarda la Siria, Bachar Al Assad sembra aver accettato il piano dell’emissario internazionale Kofi Annan per uscire dal grave conflitto interno che dura ormai da un anno. Il piano, adottato il 21 marzo, ha avuto il consenso di tutti i membri del Consiglio di sicurezza, compreso quello di Cina e Russia che si erano sempre opposte a qualsiasi tentativo di risoluzione dell’ONU che condannasse il regime siriano. Il piano si articola essenzialmente intorno a tre punti: cessazione delle violenze da ambo le parti sotto supervisione dell’ONU, fornitura di aiuti alimentari nelle zone più colpite dai combattimenti e liberazione delle persone arrestate arbitrariamente. Abbandonato quindi l’approccio di gran parte della comunità internazionale di condanna o di richiesta a Bachar al Assad di lasciare il potere. Se da una parte, il risultato di un accordo unanime sul piano di uscita dalla crisi può essere considerato positivo, dall’altra rinnova tutte le inquietudini sul futuro della riconciliazione in Siria. Le risposte violente del regime a qualsiasi richiesta di cambiamento hanno avuto come conseguenza la morte di più di nove mila persone, bombardamenti e distruzioni d’interi quartieri in molte città e l’esodo di migliaia di persone. Risposte che sono sempre state giustificate come un legittimo intervento contro rivolte terroristiche che compromettevano la sicurezza dello Stato. Nello stesso momento in cui Bachar al Assad accettava il piano di Kofi Annan, si riunivano ad Istanbul le principali fazioni dell’opposizione, per designare il Consiglio Nazionale Siriano (CNS) come loro unico rappresentante e per gettare le basi del futuro della nuova Siria, “che dovrà essere democratica, multipartitica, rispettosa di tutte le minoranze e laica”, secondo le dichiarazioni fatte da un rappresentante del CNS ad un’agenzia di stampa. Due posizioni molto distanti l’una dall’altra che, se non continueranno nella violenza, metteranno in ogni caso a dura prova i tentativi di dialogo che dovrebbero intervenire fra regime e opposizione, se tentativi ci saranno. In questi giorni anche una decisione del Consiglio per i Diritti dell’Uomo dell’ ONU ha riportato l’attenzione su un altro conflitto in Medio Oriente, irrisolto da anni, quello fra Israele e i Territori Palestinesi. L’adozione di una risoluzione (adottata con il solo voto contrario degli Stati Uniti) che prevede l’istituzione di una commissione d’inchiesta sull’impatto della colonizzazione sul popolo palestinese, ha infatti scatenato le ire del Governo israeliano, che di nulla vuol sentir parlare e men che meno di una messa in discussione del suo inarrestabile programma di occupazione dei Territori. Eppure, la politica di occupazione e di confisca delle terre da parte di Israele rappresenta il nodo cruciale per l’avvio di nuovi negoziati di pace, negoziati che si sono arenati ormai da anni di fronte non solo ad una tale intransigenza, ma anche di fronte all’impotenza della comunità internazionale.

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