L’Europa, la rana e il bue

13

Una grande confusione aleggia sulla mappa del mondo in agitazione, al punto da rendere difficile la lettura della sua composizione futura. Tra confini violati, come nel caso dell’aggressione russa all’Ucraina, altri che minacciano di incendiarsi, come nel caso tra India e Pakistan, territori che fanno gola, come Canada e Groenlandia agli Stati Uniti e Taiwan alla Cina, finisce che l’Europa rappresenti l’unica isola tranquilla, ancora miracolosamente protetta dalle sue frontiere.

Tra tante brutte notizie di questi tempi bui, questa resta una buona notizia, a patto però di guardare meglio quanto sta avvenendo sotto traccia, lontano dai riflettori sull’attualità più bollente.

Offre una buona occasione, per questo esercizio, la riunione del 16 maggio scorso a Tirana della “Comunità politica europea” (CPE), un’aggregazione di una cinquantina di Paesi del nostro continente,  “inventata” tre anni fa dal presidente francese Emmanuel Macron, giunta al suo sesto appuntamento semestrale, dopo il precedente a novembre in Ungheria.

Rispetto all’Unione Europea con 27 Paesi membri, la Comunità politica europea, ne raccoglie un’altra ventina, tra i quali i Paesi dei Balcani, l’Ucraina, la Georgia e la Moldova, candidati ad entrare nell’UE, ma anche Paesi di rilevante peso politico come il Regno Unito, la Norvegia, la Svizzera e la Turchia. A prima vista, quasi il profilo all’orizzonte di una possibile futura Unione Europea nel mondo che verrà, senza dimenticare che la strada per arrivarci sarà lunga ed accidentata.

Al momento la CPE è poco più di un forum informale che ha l’obiettivo di far dialogare tra loro i Paesi partecipanti su temi di comune interesse, in vista di potenziali convergenze ma fuori da vincoli giuridici di politiche comuni. A Tirana erano sul tavolo temi di calda attualità, come quello sul conflitto in Ucraina e sulle prospettive di una difesa continentale, ma anche sugli strumenti per  proteggere i processi democratici europei da interferenze e manipolazioni esterne. Ufficialmente non si parlerà di dazi, tema di esclusiva competenza dell’Unione Europea in carico alla Commissione presieduta da Ursula von der Leyen.

Nella confusione che regna sovrana di questi tempi qualcuno si chiederà se c’era bisogno di questa nuova aggregazione, in una fase delicata come questa della politica internazionale in cui saltano vecchie alleanze e nuove sono in formazione, come sta avvenendo in Europa con la “coalizione dei volenterosi” che stanno cercando di aggregarsi per sostenere l’Ucraina in caso di un cessate il fuoco che, dopo la sceneggiata russo-americana di Istanbul dei giorni scorsi, non sembra vicino. 

Senza dimenticare che un’altra importante aggregazione interna all’Unione Europea è quella dei 20 Paesi che ad oggi hanno adottato l’euro, costituendo un’Unione monetaria vincolante che ha già molto di un’Unione politica.

Ne risulta un “cantiere Europa” che, contrariamente all’opinione di molti, è tutt’altro che fermo, ma sta invece cercando in questa transizione profonda della geopolitica mondiale una nuova configurazione, nuove alleanze e diversi livelli di integrazione, anche in vista degli allargamenti previsti nel prossimo decennio. Perché sarà pur vero che “piccolo è bello” e magari funziona meglio, ma essere grandi in un mondo di giganti non è opzione da sottovalutare. 

Se la futura Unione Europea avesse in futuro le dimensioni della “Comunità politica europea” in sperimentale costruzione, conterebbe una popolazione di gran lunga superiore a USA e Russia insieme: a patto però di non fare la fine della rana, nella favola di Esopo, che per competere con le dimensioni del bue si gonfiò fino a scoppiare. 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here