Lettera a Carola Rackete e a tutti gli altri

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Cara Carola, carissimi tutti,

abbiamo appreso con sollievo e anche con rinnovata fiducia, l’archiviazione di tutte le inchieste a tuo carico e la completa assoluzione dalle accuse che ti erano state mosse. Le motivazioni potrebbero sembrare ovvie, ma vale la pena ricordarle qui di seguito proprio per il loro valore e, soprattutto per il fatto che siano state messe in discussione attraverso due anni e mezzo di processi nei tuoi confronti.

“Un dovere salvare vite”; “Salvare migranti è un dovere previsto dal diritto internazionale e la Libia non è un porto sicuro”; “Rifugiati in Libia detenuti illegalmente e sottoposti a tortura” sono alcune delle frasi pronunciate dal Tribunale di Agrigento, in risposta alle accuse di aver portato in salvo uomini e donne allo stremo e alla ricerca di un porto sicuro. Incurante dei divieti che le autorità italiane, allora, ti imponevano, non hai abbandonato il timone della tua nave e da vera capitana, non sei venuta meno al rispetto dei diritti umani e alle leggi della coscienza e del cuore. 

Cara Carola, tu sai meglio di noi tutti il dolore e la speranza trasportati dalle navi che solcano il Mediterraneo per salvare i migranti. E’ lo stesso dolore che si ritrova lungo altre frontiere d’Europa, sulla rotta Balcanica, alla frontiera tra Polonia e Bielorussa, a Ceuta e Melilla, nel Mar Egeo. Un po’ di tempo fa, si parlava di “delitto di solidarietà”, un concetto che, nella nostra vecchia Europa, suonava veramente in modo sconcertante e faceva riferimento al “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.

Eppure quel concetto si avvicina molto alle accuse che ti sono state rivolte e continua ad essere minacciosamente presente. È il caso oggi lungo quel confine polacco, dove contadini e abitanti dei paesi di frontiera sfidano i divieti di Varsavia per venire incontro ai migranti e portar loro soccorso. Sono persone in fuga, intrappolate in una striscia di terra, sorvegliate a vista dalle guardie, lontane dalla presenza delle ONG o della stampa e terrorizzate all’idea di chiedere aiuto ai residenti. È vietato infatti a tutti quei cittadini che vorrebbero aiutare i migranti avvicinarsi alla frontiera, portare cibo e coperte o offrire loro un momento di calore e di ristoro. 

Hanno allora escogitato un sistema per aggirare le leggi ed evitare processi: accendere una lanterna verde alla finestra di casa. E’ il segnale di un invito ai migranti ad entrare e a trovare un po’ di caldo e di momentaneo riposo. 

Ecco cara Carola, cari volontari che salvate vite in mare,  cari amici di frontiera polacca, cari amici di tutto il mondo come rispondono certe autorità a questa grande sfida dell’immigrazione. E’ una sfida che, per quanto riguarda in particolare la nostra Europa, richiede coraggio e lungimiranza politici, tanta solidarietà fra gli Stati membri e soprattutto una volontà di frenare quelle paure che crescono irrimediabilmente nei cittadini europei e che impediscono un sincero dialogo sul futuro di tutti noi. 

Ed è nel tuo esempio e in quello di tutti gli altri di rispondere in primo luogo al rispetto dei diritti fondamentali dei migranti che cogliamo l’essenza di quelle che dovrebbero essere le basi di una politica migratoria condivisa e costruttiva.

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