L’ Accordo UE-Turchia sui rifugiati sotto i riflettori di Amnesty International

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Non è certamente una sorpresa il tono usato da Amnesty International per denunciare, nel rapporto pubblicato il 1 aprile 2016, l’accordo sui rifugiati firmato tra la Turchia e i 28 Paesi dell’Unione Europea. Secondo tale accordo, il rinvio verso la Turchia dei rifugiati siriani che approdano in Grecia dovrebbe iniziare il 4 aprile. Significa concretamente che i richiedenti asilo, dopo i terribili viaggi in mare per sfuggire alla guerra che imperversa nel loro Paese, saranno rispediti direttamente in Turchia, Paese considerato dall’UE “Paese sicuro”.

Amnesty International ha da sempre denunciato questo accordo come contrario al diritto europeo e al diritto internazionale. Non solo per la freddezza e l’incapacità di accoglienza dell’Unione Europea, ma soprattutto perché viene definitivamente meno il rispetto del diritto di asilo. Per documentare la pericolosità dell’accordo, Amnesty ha condotto ricerche alla frontiera fra la Turchia e la Siria e ha messo in luce l’esistenza di numerose espulsioni di donne, uomini e bambini siriani verso il loro Paese in guerra, espulsioni ritenute illegali persino in virtù del diritto turco.

Il fatto che l’Unione Europea abbia messo nelle mani della Turchia l’accoglienza dei rifugiati e abbia chiuso completamente gli occhi di fronte alla più che incerta affidabilità di quel Paese per quanto riguarda il rispetto dei diritti, è una cosa molto grave. Rinchiusa ormai nella sua fortezza, recintata da muri e da filo spinato, l’Unione europea rischia, se l’accordo verrà attuato come previsto, che richiedenti asilo sul suo territorio, possano essere rispediti in Siria direttamente dalla Turchia. E non mancano certo nel rapporto di Amnesty, gli esempi di espulsioni illegali e di nuove misure adottate dalla Turchia stessa per impedire ai profughi siriani di fuggire dal loro Paese e di attraversare la sua frontiera.

Questi aspetti inquietanti che potrebbero verificarsi con l’accordo UE-Turchia, sono stati messi in evidenza proprio nel giorno in cui si riuniva a Ginevra la Conferenza sui rifugiati siriani organizzata dall’ACNUR (Alto Commissariato ONU per i rifugiati). Ban Ki-Moon si è rivolto ai Paesi partecipanti, circa un centinaio, chiedendo “solidarietà globale per risolvere la più grave crisi di rifugiati e di sfollati dei nostri tempi”.

L’ONU stima infatti che il conflitto siriano abbia provocato almeno 250.000 vittime e circa 5 milioni di rifugiati all’estero, in particolare nei Paesi vicini, e cioè Turchia, Libano, Giordania e Iraq. L’obiettivo espresso dall’ONU durante la Conferenza è il reinsediamento di almeno il 10% di questi profughi in altri Paesi entro il 2018. Ban Ki-moon, oltre ad esortare i partecipanti ad accogliere di più e a sottolineare quanto esiguo fosse il numero di persone previsto (480.000), ha dichiarato : “Oggi chiedo ai Paesi di agire con solidarietà, impegnandosi in percorsi nuovi e aggiuntivi per l’ammissione di rifugiati siriani”. Un appello quanto mai distante dall’approccio adottato dai Paesi dell’Unione.

Per sottolineare inoltre come l’accordo UE- Turchia inquieti anche le Nazioni Unite, da Ginevra l’UNHCR ha chiesto espressamente che vengano garantite le misure di tutela necessarie prima che i rimpatri abbiano inizio. Un appello e una preoccupazione che “derivano dalle continue gravi carenze registrate da entrambi le parti” e che toccano direttamente il rispetto dei diritti umani fondamentali.

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