La Relazione sullo Stato di diritto nell’UE

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Annunciata dalla Commissione von der Leyen, ne è stata pubblicata la prima edizione assoluta

La Commissione europea ha recentemente presentato la prima edizione della Relazione dello Stato di diritto nell’UE. 

Si tratta del prodotto di una delle iniziative annunciate dalla Commissione von der Leyen per il 2020 nell’ambito del meccanismo europeo globale per lo Stato di diritto, che prevede un ciclo annuale di indagine sui principali pilastri dello stato di diritto in UE finalizzato ad offrire una panoramica complessiva della materia utile ad indirizzare i programmi di riforma dei Paesi membri, col sostegno della Commissione europea e dei principali portatori di interessi. 

Il meccanismo svolge una funzione preventiva e si affianca, senza sostituirli, agli altri rimedi concessi all’Unione europea per censurare gravi violazioni dello stato di diritto – e dei Principi fondamentali dell’UE, dei quali lo stato di diritto è parte integrante – commesse dai Paesi membri, in primo luogo attraverso le procedure di infrazione ai sensi dell’articolo 7 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.

In dettaglio, la relazione esamina le condizioni di quattro pilastri principali dello stato di diritto – condizioni dei sistemi giudiziari nazionali, misure anticorruzione, tutela del pluralismo e della libertà degli organi di informazione e bilanciamento dei poteri – trattegiandone un quadro sia a livello europeo che a livello di singolo Paese membro.

La principali conclusioni della relazione

Per quanto concerne le condizioni dei sistemi giudiziari, la relazione evidenzia come stia proseguendo la tendenza a ridurre l’influenza dei poteri legislativo ed esecutivo sui sistemi giudiziari, in particolar modo in Paesi nei quali l’indipendenza dei sistemi si presentava già particolarmente elevata; permangono tuttavia note criticità in merito all’opposta tendenza in corso in altri Paesi, in particolar modo in Polonia, dove recenti riforme hanno minacciato l’indipendenza della magistratura in misura tale da spingere la Commissione europea a dare avvio ad una procedura di infrazione. Sul fronte della digitalizzazione della giustizia, il lavoro da fare è ancora molto ma la pandemia ha contribuito ad accelerare il processo.

Sul fronte della disciplina anticorruzione, la relazione rileva come numerosi Paesi europei abbiano adottato o stiano adottando delle strategie preventive globali, rafforzando parallelamente gli strumenti a disposizione dei propri organi inquirenti per far fronte al fenomeno quanto più efficacemente possibile. Permangono tuttavia criticità in diversi Paesi europei, in particolar modo per quanto concerne l’efficacia dei processi di indagine e degli iter giudiziari che vi fanno seguito.

In merito a libertà e pluralismo degli organi di informazione, la relazione giudica complessivamente molto elevati gli standard di cui godono i cittadini UE. Non mancano tuttavia timori in merito ai condizionamenti politici dei media attualmente in corso in alcuni Paesi UE, ai quali si affiancano perplessità in merito all’efficacia e indipendenza delle rispettive autorità di regolamentazione. Sul fronte della tutela dell’integrità degli operatori del settore, la relazione evidenzia come in diversi Paesi i giornalisti abbiano subito o siano a rischio di subire attacchi in relazione al loro operato, a fronte dei quali alcuni Paesi hanno disposto l’attivazione di pratiche e misure di protezione.

Sul fronte del bilanciamento dei poteri istituzionali, infine, la relazione evidenzia gli sforzi compiuti da numerosi stati per coinvolgere la società civile ed i portatori di interessi nei processi decisionali, in particolar modo in occasione di riforme strutturali, garantendo la continuità del controllo democratico sull’operato delle autorità statali. Desta preoccupazione, invece, il frequente ricorso alla legislazione d’urgenza, che ha visto un’ulteriore impennata in occasione della pandemia in corso, con rischi potenziali non indifferenti per la tenuta dello stato di diritto; l’intervento dei tribunali nazionali e dei difensori civici ha tuttavia generato, in numerosi casi, ricadute positive sulle misure emergenziali.

Per quanto concerne, infine, le realtà della società civile, esse continuano ad operare in un ambiente complessivamente favorevole, ma non mancano casi – quale quello Ungherese – nei quali i governi nazionali hanno adottato discipline mirate a limitarne l’accesso ai finanziamenti, senza contare alcune pericolose campagne diffamatorie nei loro confronti.

La situazione in Italia

La situazione dello stato di diritto in Italia si presenta complessivamente positiva, pur non mancando alcune specifiche – e croniche – criticità.

Il quadro normativo è strutturato in maniera tale da garantire efficacemente l’indipendenza della magistratura. La disciplina anticorruzione è stata rafforzata nel corso degli ultimi anni, di pari passo con i poteri degli inquirenti in materia e con il ruolo dell’Autorità nazionale anticorruzione.

Il sistema giudiziario presenta tuttavia rilevanti sacche di inefficienza che si riflettono sui tempi dei procedimenti e, a cascata, sull’efficacia complessiva dell’apparato sanzionatorio. Manca tuttora, inoltre, una regolamentazione complessiva del lobbismo e del conflitto di interessi.

Sul fronte del pluralismo, le garanzie costituzionali della libertà di espressione e informazione sono solide, ma non lo è altrettanto l’indipendenza degli organi di informazione, in assenza, come sopra anticipato, di una disciplina sul conflitto di interessi.

La tutela degli operatori del settore è stata incrementata grazie all’istituzione di un Centro che monitora le minacce e individua le misure protettive da adottare; continua invece sollevare profili di criticità – sul piano della proporzionalità e del potenziale deterrente – la previsione della pena del carcere per il reato di diffamazione. 

Il livello di coinvolgimento dei portatori di interessi nei processi decisionali è incrementato nel tempo, pur permanendo margini di sviluppo; infine, la società civile italiana è particolarmente sviluppata e attiva, ma non sono mancate campagne diffamatorie rivolte, in particolare, alle associazioni che si occupano di migranti.

Per approfondire: il comunicato della Commissione, il testo completo della relazione, il focus sull’Italia

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