La pace fra timori e speranze ai confini dell’Europa: dalla Libia allo Yemen

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Il 12 e 13 novembre scorso si è tenuta a Palermo una Conferenza sulla Libia, con l’obiettivo di tracciare prudenti percorsi di dialogo e di pace fra i vari attori che da anni si affrontano in intensi conflitti, precipitando il Paese in profonde divisioni e turbolenze politiche.

Una Conferenza fortemente voluta dall’Italia, in particolare per gli immediati interessi politici ed economici che una Libia stabile e riappacificata può rappresentare. Dalla Libia infatti, Paese con cui l’Italia ha particolari legami storici, partono quei flussi migratori che, in questi ultimi anni hanno messo a dura prova l’Europa e, in particolare l’Italia, sui temi dell’accoglienza, della solidarietà e della definizione di politiche comuni in materia. In secondo luogo, non va dimenticato che la lotta per il potere in Libia si gioca in gran parte sul controllo delle considerevoli risorse energetiche, per le quali  l’Italia ha importanti interessi economici.

I principali attori delle divisioni libiche, oltre alle varie milizie, sono, da una parte, Fayez al Sarray, a capo del  Governo di Accordo nazionale, riconosciuto dall’ONU e con sede a Tripoli e, dall’altra il maresciallo Khalifa Haftar, a capo dell’autoproclamato Esercito nazionale libico, nominato dal Parlamento di Tobruk e uomo forte della Cirenaica. La venuta di Haftar e I’ incontro a Palermo con Sarray,  punto essenziale per la tenuta della Conferenza, è rimasto in forse fino all’ultimo momento, mandando in tal modo un chiaro messaggio sul ruolo che lo stesso Haftar intende giocare in un ipotetico processo di pace e, di conseguenza, sulla legittimità internazionale che intende ottenere.

In un simile contesto fatto di prove di forza e di atteggiamenti al limite del ricatto, la Conferenza ha fatto timidi passi avanti, ma ha soprattutto messo in luce la profonda divisione non solo degli attori interni alla Libia ma anche di quelli regionali e internazionali coinvolti nel processo di pace. Al riguardo, a livello europeo, inquieta, in particolare, la difficoltà di cooperazione e dialogo fra Francia e Italia, aspetto che, come la Conferenza ha dimostrato, non giova certo alla complessa sfida della stabilizzazione della Libia.

I timidi passi avanti riguardano, sotto l’egida dell’ONU, il rilancio del processo elettorale per gli inizi del 2019, un processo che si era già arenato dopo la Conferenza di Parigi del maggio scorso. I mesi che seguiranno saranno quindi cruciali per capire se sarà possibile superare questa lunga fase di transizione della Libia e raggiungere un primo e importante traguardo nel processo di pace e costruzione della democrazia.

L’annuncio di un’altra Conferenza per la pace è giunto proprio in questi giorni per quanto riguarda lo Yemen, un altro Paese sotto i riflettori per la violenta guerra in corso che sta causando migliaia di vittime e una situazione umanitaria catastrofica nell’intero Paese. Un barlume di speranza acceso  dall’inviato ONU per lo Yemen, Martin Griffith, che ha precisato di aver ottenuto la partecipazione, senza condizioni, di tutte le parti coinvolte nel conflitto. La Conferenza dovrebbe aver luogo a Stoccolma entro la fine di quest’anno.

Non sarà facile, per lo Yemen, giungere ad un accordo, anche se le immagini che provengono da quel Paese illustrano la tragedia vissuta dalla popolazione e in particolare dai bambini. Ma di fronte ad una guerra cosi’ atroce, la prospettiva di un possibile dialogo rappresenta già una notevole speranza.

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