La Grecia alla ricerca di alleanze

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La vittoria di Syriza il 25 gennaio ha galvanizzato una gran parte del popolo greco, stremato dalle politiche di austerità, e ha incoraggiato quanti in altri Paesi dell’Unione Europea hanno vissuto gli effetti disastrosi di quelle politiche, come si è visto in particolare nella massiccia mobilitazione del movimento “Podemos” in Spagna.

La vittoria di Alexis Tsipras non ha fatto tutti felici, a cominciare dai creditori – Istituzioni internazionali, Stati e banche – che vantano crediti non indifferenti nei confronti della Grecia e che hanno registrato con qualche brivido le promesse elettorali di Syriza. Si sa che le promesse elettorali non sono – o non sono ancora –  un programma di governo, ma generano attese alle quali bisognerà in qualche misura rispondere, magari non subito, magari non del tutto, ma nemmeno si potrà disattendere troppo.

Le promesse elettorali di Syriza non erano banali: dal rifiuto di rispettare gli accordi sottoscritti con la “troika” (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) per il rientro dal debito e la restituzione dei prestiti ricevuti fino all’annullamento delle privatizzazioni previste e ad aumenti salariali e previdenziali. Queste ultime misure sono state prese immediatamente dal nuovo governo appena insediato, con l’inevitabile conseguenza di allarmare ulteriormente i creditori; nulla è ancora deciso sul debito, oggetto di difficili trattative appena avviate.

Per temperare l’allarme diffusosi presso i creditori della Grecia si è messo in moto il ministro ellenico delle finanze in visita a Parigi, Londra e Roma, dove ha incontrato il nostro governo in compagnia dello stesso Alexis Tsipras, per sondare le disponibilità di possibili alleati nel difficile negoziato al quale la Grecia adesso afferma di non sottrarsi, alla ricerca di un compromesso del quale si cominciamo a intravedere i primi elementi.

Ad Alexis Tsipras mancano per ora, in questo primo giro di consultazioni, due tappe importanti, Berlino e Francoforte, mentre alcuni primi contatti sono stati presi con Bruxelles. Da Berlino Angela Merkel e il suo ministro delle finanze si dicono contrari a rivedere gli accordi; a Francoforte, la Banca centrale europea non è disponibile ad aprire nuovi crediti, mentre a Bruxelles Commissione europea e Parlamento si preparano a svolgere il ruolo di mediatori, ma senza facili concessioni.

Dagli incontri già avvenuti a Parigi e a Roma, non è nato alcun “asse” con Atene, ma si è registrata una relativa comprensione delle difficoltà per la Grecia a rispettare la lettera degli accordi nei tempi e con gli interessi previsti. Non si è ancora a un compromesso sulla riduzione dei debiti contratti, decisione che non spetta a singoli Stati ma alle Istituzioni europee, che dovranno decidere all’unanimità e nelle sedi internazionali di cui fanno parte. Il compromesso che si profila per ora sembra limitarsi a un prolungamento delle scadenze previste per la restituzione e a una riduzione degli interessi a fronte di una ripresa della crescita.

Sarà interessante vedere che ne sarà dell’annunciato rifiuto del governo greco di trattare con la “troika” e c’è già chi ipotizza – la Commissione europea, tra gli altri, ma il Parlamento potrebbe affiancarsi – di rivedere il ruolo, se non addirittura la sopravvivenza, di questa associazione molto anomala nel paesaggio istituzionale comunitario. Si capirà più chiaramente quali saranno i rispettivi margini di manovra dopo l’intervento di Tsipras davanti al Parlamento greco, il confronto imminente tra i ministri dell’Eurogruppo e, soprattutto, il Consiglio europeo del 12 febbraio.

L’Italia, che vanta con la Grecia un credito complessivo di 40 miliardi, ha dimostrato comprensione e vicinanza ai problemi greci, guardandosi bene dal dissociarsi da Berlino e sicuramente non procedendo ad alcun colpo di spugna, sapendo che 6 italiani su 10 sono contrari a sconti alla Grecia. Anche se sono molti quelli che pensano che quei crediti siano difficilmente esigibili in tempi storici. Lo testimonia l’ultima proposta greca alla BCE di trasformare i suoi crediti in “obbligazioni perpetue”, che non saranno mai rimborsate, ma continueranno a produrre “interessi perpetui”. Un tempo si sarebbe detto “la fantasia al potere”, più recentemente da noi si sarebbe parlato di “finanza creativa”: improbabile che tutto questo convinca i creditori della Grecia. La BCE lo ha già detto chiaramente, gli altri seguiranno.

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