Da sessant’anni a questa parte la Conferenza sulla sicurezza di Monaco rappresenta un importante appuntamento di responsabili politici ed esperti per discutere della sicurezza nel mondo.
Quest’anno, tale appuntamento riveste un’importanza particolare perché si pone all’epicentro di forti tensioni geopolitiche, di grandi guerre in ebollizione ai confini dell’Europa e di altri conflitti sparsi che insanguinano un po’ ovunque il mondo, di interessi geoeconomici concorrenti e di nuovi attori decisi a segnare la scena internazionale con regole non condivise e lontane dal rispetto del diritto internazionale.
Un quadro buio, forse il più problematico che la Conferenza sulla sicurezza abbia mai conosciuto dalla sua nascita nel 1963, battezzata all’epoca con il motto “La pace attraverso il dialogo”. E, in questa Conferenza 2024, della parola “pace” non si sono sentiti udibili e decisi echi.
Se le sfide mondiali per la sicurezza riguardano anche aspetti quali i cambiamenti climatici, la sicurezza alimentare, lo sviluppo tecnologico o l’intelligenza artificiale, le discussioni a Monaco hanno avuto, come tema centrale, le guerre in Ucraina e in Medio oriente e sulle quali, appunto, la parola “pace” è stata sostituita dalla parola “difesa” e dalla necessità di una sicurezza armata.
Sulla guerra in Ucraina, che dura ormai da due anni, è stato infatti ribadito alla Conferenza l’impegno finanziario e militare dell’Occidente a sostegno di Kiev, che proprio in questi giorni sta subendo perdite e arretramenti sotto gli attacchi dell’esercito russo. Francia, Germania, Regno Unito, e fra poco anche l’Italia, hanno ad esempio firmato accordi bilaterali per la sicurezza a lungo termine con l’Ucraina.
Ma alla Conferenza è giunta anche la notizia della morte del tenace e coraggioso dissidente russo Alexey Navalny, oppositore di Putin e del suo regime. La sua tragica e inquietante scomparsa ha dato tutta la misura del sistema di atrocità di quel regime, che non ammette dissidenza o opposizione e di un Putin deciso ad andare senza rivali ad una “competizione” elettorale già barbaramente vinta. Un pericolo e una prospettiva provenienti dalla Russia che l’Occidente e le sue democrazie non possono permettersi.
Per quanto riguarda in particolare, la nostra Unione Europea, il tema della difesa è diventato inoltre sempre più sensibile e discusso anche dopo le minacciose dichiarazioni del candidato in pectore alla Casa Bianca, Donald Trump. Se da una parte, la sua possibile rielezione lascia intravedere tutti i pericoli che corre la democrazia americana, dall’altra le sue dichiarazioni o intenzioni prendono in ostaggio anche il ruolo della NATO per la difesa europea e alimentano il dibattito sulla necessità di difesa comune UE. Cosa alla quale l’Unione sta rispondendo avviandosi verso un rafforzamento e un coordinamento delle sue forze militari.
Se i confini orientali dell’Unione sono in fiamme, anche la di là del Mediterraneo, in Medio Oriente, infuria un’altra devastante guerra. A Monaco la parola pace si è fermata alla richiesta di una tregua, ben prima di un cessate il fuoco. A Gaza, dopo tre mesi di conflitto, l’intervento di Israele, in risposta all’orrendo attacco di Hamas del 7 ottobre scorso, sta mettendo in pericolo la sopravvivenza di un’intera popolazione senza via di fuga. Il futuro dell’intera regione è in sospeso e malgrado l’intenso e discreto lavoro diplomatico, sembra sempre più fragile e irrealizzabile l’antico progetto di convivenza pacifica fra due popoli, due Stati. Un progetto per il futuro evocato a Monaco con la timidezza della rassegnazione.
Due guerre lontane fra loro, ma le cui ricadute si incrociano in modo inquietante a livello globale, come dimostra l’invito di Putin a 14 fazioni palestinesi, fra cui Hamas e la Jihad Islamica, a partecipare a Mosca ad una conferenza inter-palestinese, prevista per la fine di febbraio.