Italia – Germania: una partita europea

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Si era trattenuto Matteo Renzi, nel suo discorso a braccio a Strasburgo, dal dare fuoco alle polveri, guardandosi bene dal pronunciare quella parola tabù per i tedeschi: flessibilità. La tregua è durata poco e la miccia l’ha accesa nel giro di pochi minuti Manfred Weber, Presidente tedesco del gruppo del Partito Popolare Europeo, facendo la lezione a Renzi sulla rigidità del patto di stabilità, che in molti non riescono a pronunciare per intero, dimenticando che si chiama “patto di stabilità e crescita”. Nel giro di poche ore, a Weber ha fatto eco il Presidente della Bundesbank, il falco Jens Weidman, rincarando la dose e impartendo un supplemento di lezioni all’Italia, ai suoi occhi poco affidabile, più brava a promettere che a mantenere. Per calmare le acque è dovuta intervenire Angela Merkel, confermando la sua apertura di credito nei confronti di Renzi.

A Weber aveva già risposto colpo su colpo Renzi, ricordandogli che la Germania nel 2003 non aveva fatto ricorso alla flessibilità per la semplice ragione che aveva direttamente violato il patto, procurandosi i vantaggi della crescita con tutto quello che ne è seguito, come ad esempio oggi – come continua a ricordare Prodi – uno straordinario attivo della bilancia commerciale tedesca, tale da mettere in difficoltà l’Europa e non solo.

Il semestre di Presidenza italiana è appena partito e già sono scintille, anche se tutti sperano che nessuno appicchi l’incendio. Qualcosa di più ce lo diranno i giorni prossimi, in particolare quando il 16 luglio il Parlamento europeo voterà per la Presidenza della Commissione e, successivamente, quando verranno designati i Commissari. L’intesa bipartisan che prevedeva la presidenza della Commissione a Jean Claude Junker, del Partito popolare e quella del Parlamento a Martin Schulz, del gruppo socialista europeo, è stata rispettata per quest’ultimo ed è probabile che lo sia anche per il primo, ma non a qualunque condizione. Perché questo avvenga, Junker dovrà trovare un difficile equilibrio tra i molti fautori del rigore presenti nel suo campo politico e quanti, alla sua sinistra, vogliono che prevalgano le priorità della crescita e dell’occupazione, poste come condizioni per la sua elezione. Un’elezione appesa al voto della maggioranza assoluta del Parlamento europeo e quindi al sostegno del gruppo socialista, dove il Partito democratico italiano guida la delegazione più importante, premiata con la Presidenza del gruppo all’italiano Gianni Pittella. Comincia adesso una lunga partita europea tra Italia e Germania: saranno necessari i tempi supplementari e forse anche i rigori, un copione a cui ci ha abituati di questi tempi anche l’economia.

In questo contesto si inserisce il ruolo, finalmente rilevante, dell’Italia e di una Presidenza semestrale che rischiava di riprodurre vecchi rituali stanchi e senza impatto sulle politiche. Nel presentare le priorità dell’Italia, Renzi è stato ad un tempo molto ambizioso, ma anche relativamente prudente. È stato prudente scegliendo di consegnare al Parlamento il voluminoso programma scritto, senza praticamente farvi riferimento nel suo intervento, tutto mirato invece a scaldare il cuore più dei cittadini, come è sua abitudine, che non dei parlamentari e degli addetti ai lavori, dai quali probabilmente non si aspetta molto.

Il documento ufficiale si dilunga per decine di pagine e più che una lista di priorità è una rassegna a tutto campo dei problemi sul tavolo, con l’intenzione generosa di “gettare le basi per importanti progressi in numerosi settori”, senza la pretesa di raggiungere tutti i risultati, cosa peraltro impossibile nei pochi mesi di presidenza. Si tratterà di provare a dare qualche spallata, in particolare alla crisi economica e finanziaria, a sostegno della crescita e dell’occupazione e a tentare di rafforzare i diritti fondamentali e politiche migratorie condivise. E poi tutto il resto: dalla rivitalizzazione della Strategia 2020 all’approfondimento dell’Unione economica e monetaria, dal funzionamento della “governance europea” alle politiche della ricerca e innovazione. A ben guardare un’impresa temeraria, al punto che già sarebbe tanto “gettare le basi” per qualche primo progresso, dando il via ad una nuova partita europea che va ben oltre lo scontro tra Italia e Germania, con la speranza che vinca l’Europa.

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