Il macabro balletto delle COP

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Non sfugge più a nessuno che il nostro Pianeta stia soffrendo. Lo vediamo con i nostri stessi occhi e ce lo ricordano costantemente gli esperti del clima con i loro studi, le loro ricerche e i loro continui campanelli d’allarme.

Al riguardo, in questa fine anno, si susseguono, sotto l’egida dell’ONU, i vari incontri mondiali delle COP (Conferenza delle Parti) per cercare di adottare strategie e misure concrete per dare respiro e futuro alla Terra.

Ad inizio novembre si è tenuta a Cali, in Colombia, la COP 16 sulla Biodiversità. L’obiettivo era quello di prendere e di rispettare impegni finanziari per frenare l’accelerazione della perdita di biodiversità e il degrado degli ecosistemi a livello globale. Erano attesi impegni finanziari a favore dei Paesi meno avvantaggiati e del Fondo globale per la Biodiversità. Ma a Cali, non è stato raggiunto nessun accordo e i fondi messi a disposizione sono pari ad una goccia nel mare a fronte di urgenti necessità.

A fine novembre si è tenuta a Baku, in Azerbaijan, la COP 29 sui cambiamenti climatici. Chiamata anch’essa a prendere seri impegni finanziari per la transizione energetica dei Paesi più poveri e in difficoltà, ha raggiunto con difficoltà la somma di 300 miliardi all’anno fino al 2035. Altra irrisoria goccia nel mare a fronte delle emergenze globali, con l’aggravante che il punto relativo all’uscita dai combustibili fossili è sparito dai comunicati finali della Conferenza.

Il primo dicembre si concluso a Busan, nella Corea del Sud, un Vertice intergovernativo volto a raggiungere un accordo globale sulla plastica (Global Plastic Treaty), un Trattato giuridicamente vincolante contro l’inquinamento della plastica e volto a proteggere non solo la salute umana, ma anche gli ecosistemi e la biodiversità. Purtroppo, la decisione è stata rimandata ad un prossimo Vertice, viste le forti reticenze al riguardo dei Paesi produttori di fossili, da cui proviene la plastica, in particolare Russia, Iran e Arabia Saudita.

Ed infine, è proprio in Arabia Saudita che si svolge in questi giorni, dal 2 al 13 dicembre, la COP 16 sulla desertificazione, o COP del suolo. In gioco, anche qui, la stabilità del nostro Pianeta, i cui suoli sono in continuo degrado, mettendo a rischio la produzione di cibo, i sistemi idrici, le materie prime, la biodiversità e i servizi ecosistemici. 

Chissà se quest’ultima COP, che si svolge in una delle regioni più colpite dalla desertificazione e dalla siccità, ma anche fra le più ricche di petrolio, darà risultati più sensibili per curare la preoccupante salute del Pianeta, una salute, purtroppo, in continuo peggioramento.

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