I fronti di guerra si allargano pericolosamente sempre più

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La guerra “dei dodici giorni” fra Iran da una parte e Israele e Stati Uniti dall’altra, ha segnato un allargamento dei fronti di guerra in Medio Oriente carico di incognite e un ulteriore inasprimento della già drammatica situazione a Gaza.

Una guerra contro Teheran e il suo programma nucleare che il Presidente Trump ha voluto, alla fine, presentare al mondo come una grande vittoria, imponendo una personale verità sulla completa distruzione dei siti nucleari e sulla possibilità, ormai a suo parere remota, che l’Iran possa un giorno dotarsi dell’arma nucleare. Non solo, ma qualsiasi tentativo iraniano in quella direzione scatenerebbe di nuovo bombardamenti e risposte militari. Al riguardo vale la pena citare qui le parole del Capo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), Rafael Grossi :”Le ambizioni nucleari dell’Iran non possono essere risolte con le armi”, ridimensionando allo stesso tempo i toni di Trump e le sue intoccabili certezze. 

Da sottolineare che  l’improvviso cessate il fuoco dopo dodici giorni di guerra, la decapitazione dei vertici politico-militari e degli scienziati nucleari iraniani, nonché la mancanza di una chiara e coerente strategia di dopo guerra da parte, in particolare di Trump, sollevano interrogativi sul futuro delle relazioni non solo fra un Iran estremamente indebolito e i vincitori di questa guerra,  ma anche con i principali Paesi e attori della regione, in particolare con l’Arabia Saudita, nel contesto e nella prospettive di futuri “Accordi di Abramo” con Israele.

Da considerare inoltre che la debolezza dell’Iran di oggi è anche legata all’indebolimento dei suoi alleati, di quell’Asse della resistenza sciita che va dagli Hezbollah libanesi alla Siria, dallo Yemen degli Houthi fino ad Hamas a Gaza. Un Asse contro il quale Israele aveva aperto i suoi numerosi fronti di guerra e che oggi, dopo la vittoria sull’Iran, vorrebbe portare al tavolo dei negoziati per normalizzare relazioni diplomatiche e di pace, in particolare con i suoi storici nemici, Libano e Siria. 

Resta, in questo Medio Oriente in piena ed incerta mutazione, la grande incognita della guerra di Israele a Gaza, sempre più violenta nel colpire a morte la popolazione e malgrado le pressioni di Trump  per un accordo di cessate il fuoco con Hamas e per la liberazione degli ultimi ostaggi israeliani. Guerra fra le guerre, dove in gioco è la sopravvivenza di un popolo, e questo non solo a Gaza, ma anche in Cisgiordania, destabilizzata dalla continua occupazione dei coloni  israeliani,  con l’obiettivo di sottrarre terre e futuro ai palestinesi.

I fronti di guerra mediorientali si intrecciano infine con quelli della guerra che la Russia sta muovendo all’Ucraina. Mosca,  alleata di Teheran , ha guardato da lontano e  con realismo alla guerra di Trump e Netanyahu. Putin, infatti, in comprensibile difficoltà ad aprire un fronte in Medio Oriente a sostegno di Teheran, non è andato oltre la condanna della guerra nelle sedi delle Nazioni Unite, ritirandosi in tal modo dietro le quinte della scena internazionale.  Un atteggiamento politico che ha tuttavia permesso al Cremlino di intensificare la sua guerra in Ucraina e allontanare la prospettiva di possibili negoziati di pace.  

Al riguardo, è carico di significato il risultato del recente Vertice NATO, tenutosi all’Aja, considerato da Trump “dai risultati fantastici”. Se, con tanta enfasi è stato sottolineato l’accordo sui contributi finanziari dei Paesi membri per la difesa,  poco o niente è stato detto sull’Ucraina, in particolare non una parola sulla sua adesione all’Alleanza Atlantica.

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