“Green deal” UE alle prese con nucleare e gas

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Ha innescato non poche tensioni tra i Paesi UE la proposta della Commissione europea di considerare energie “verdi” quella nucleare e il gas. Facile prevedere le polemiche che ne seguiranno, come già dimostrano le prime reazioni politiche. 

In Italia la proposta ha diviso fin da subito i partiti al governo, con la Lega per una volta d’accordo con la Commissione europea e con il Partito democratico per una volta contrario. Ci sarà da fare per Draghi se rimarrà al governo o per il suo successore nel caso andasse al Quirinale o se ne tornasse alla sua meritata pensione.

Per la verità la Commissione, presa in tenaglia in particolare tra la Francia favorevole al nucleare e la Germania contraria, ha temperato la sua proposta lasciando la responsabilità della scelta agli Stati membri, limitandosi a tenere aperta l’opzione e lasciando che gli investimenti nel settore dell’energia non siano penalizzati nel caso della scelta del nucleare o del gas.

Un atteggiamento non proprio coerente con le ambizioni del “Green deal”, quel patto verde che aveva segnato l’ambizione della nuova Commissione presieduta da Ursula von der Leyen, posizionando l’Unione Europea all’avanguardia nel mondo nella lotta al surriscaldamento climatico.

Non è stata la sola sorpresa: l’altra è venuta da un ripensamento del nuovo governo tedesco, dove i Verdi avevano espresso tutta la loro contrarietà al nucleare, anche in considerazione delle decisioni già prese in materia dalla Germania per una chiusura ravvicinata delle centrali nucleari esistenti e per la rinuncia a costruirne in futuro.

Qualcuno ne ha approfittato per osservare che il mitico motore franco-tedesco, alimentato a carbone fin dai tempi della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), ricorrerebbe a nuove forme di energia per tenere insieme i due alleati, in attesa che fra qualche decennio l’idrogeno metta tutti d’accordo.

Senza dirsi favorevole alla proposta della Commissione, il governo tedesco – sensibile all’apertura in favore dell’utilizzazione del gas –  ha annunciato la sua decisione di astenersi quando si arriverà al momento di votare la proposta della Commissione: una scadenza non imminente, prima della quale molte altre cose potrebbero capitare, a cominciare dall’esito delle elezioni presidenziali francesi di primavera e dal posizionamento di altri Paesi, tra i quali non mancano quelli contrari a considerare “verde” l’energia nucleare.

In merito dovrà prendere posizione anche l’Italia che finora non si è pronunciata, anche se all’interno del governo si orientano favorevolmente i partiti di centro-destra e qualcuno dei ministri tecnici. Non è facile la decisione per il governo e, nel contesto attuale dell’esplosione delle bollette  dell’energia, è anche difficile prevedere l’orientamento dell’opinione pubblica che oggi non è più necessariamente quella di quasi trent’anni fa, quando nel referendum del 1987, pochi mesi dopo il disastro di Chernobyl, rifiutò all’80% il ricorso all’energia nucleare. 

Una memoria più vicina è quella dell’incidente nucleare di Fukushima, in Giappone, che costò la vita a 15.000 persone nel 2011, ma era dieci anni fa e molte cose sono capitate nel mondo in questo decennio: se da una parte è aumentata la sensibilità ambientale, dall’altra è cresciuta anche la fame di energia, difficile da soddisfare in tempi brevi con le energie rinnovabili.

L’esito di questa vicenda peserà alla fine non poco sulla credibilità dell’Unione Europea che, a fine 2019, si era orientata con il “Green deal” in tutt’altra direzione che non quella del ricorso all’energia nucleare e del gas. 

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