Germania europea o Europa tedesca?

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Si fa un gran parlare in questi giorni della Germania e del suo ruolo nella crisi finanziaria in corso nell’Unione Europea e, più in particolare, nei Paesi dell’eurozona, saldando così la sorte dell’euro con quella dell’UE e, a termine, con quella della Germania.
Sull’argomento si dicono cose ovvie e, più sottovoce, parole inquiete ed inquietanti.
Tra le cose ovvie, si parla della centralità   della Germania nell’economia europea, della sua penetrazione nei mercati internazionali, del ruolo svolto fino dagli anni ’50 nel processo di integrazione europea e, a oltre vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, delle sue aspirazioni sulla scena europea e mondiale.
Su quest’ultima ovvia constatazione si innesta una diffusa inquietudine in Europa, dai Paesi mediterranei alla Gran Bretagna fino agli ultimi arrivati nell’UE, Polonia in testa. Alimenta questa inquietudine la memoria del passato e l’incertezza di un futuro difficile da prevedere, tante sono le variabili che vi concorreranno in un mondo globale in rapida evoluzione.
La memoria è quella dei secoli scorsi, fin dal tempo della Prussia, a quella più vicina a noi delle tragedie del à¢à¢â€š¬à‹Å“900 nelle quali la Germania ebbe tanta parte: lo ricordano bene tutti, in Occidente, al di qua e al di là   dell’Atlantico, al di qua del Reno e al di là   della frontiera dell’Oder Neisse, ancora evocata con preoccupazione in tempi recenti.
Non è inutile ricordare, a questo proposito, le preoccupazioni che, alla vigilia dell’unificazione tedesca nel 1990, succedettero alla gioia per la caduta del Muro di Berlino.
Le aveva riassunte in poche righe uno scrittore francese, Franà §ois Mauriac, quando diceva: «Io voglio così bene alla Germania che sono contento che ce ne siano almeno due!». Nonostante questo stato d’animo, diffuso non solo in Francia, l’Europa nel suo insieme sostenne-e pagಠanche un prezzo economico-al processo di unificazione invocato dalla popolazione tedesca.
Si trattಠdi un sostegno politico, ma non di una cambiale in bianco. Lo testimoniano le difficili trattative per il Trattato di Maastricht, quello che portಠa maturazione il sogno di una moneta unica per l’Europa, quell’euro che sarebbe diventato la nostra moneta nel 2002. A Maastricht, dieci anni prima era stato firmato un patto: gli europei avrebbero sostenuto l’unificazione tedesca e la Germania avrebbe condiviso con loro una nuova moneta, l’euro, rinunciando al marco, l’importante arma monetaria che le era rimasta dopo aver subito il pesante disarmo a seguito della sua sconfitta nella seconda guerra mondiale.
Quel patto venne lealmente rispettato da Helmut Kohl, memore di quanto gli aveva insegnato il suo predecessore, e Padre fondatore della Comunità   europea, Konrad Adenauer, convinto che la Germania doveva essere riconosciuta come «un partner leale dell’Occidente. Perchè è solo a questa condizione che l’Occidente, nel quadro di un accordo, farà   suoi i nostri propri interessi».
Sono in molti in questi giorni a pensare che la Cancelliera Angela Merkel non segua la politica che fu di Kohl e, prima di lui, di Adenauer al punto da non vedere quanto gli interessi dell’Europa siano anche, a termine, quelli della Germania. Non si spiegherebbe altrimenti questo suo porsi al centro della gestione della crisi finanziaria europea e frenarne la ricerca solidale di una soluzione prima che venga meno il patto dell’euro e, con esso, l’Unione Europea.
àˆ perಠanche vero che di quel patto la Germania non è la sola contraente e che più d’uno di quelli che lo firmarono lo hanno infranto, dalla Grecia che ha truccato i conti pubblici all’Italia che ha accumulato un debito pubblico e, più ancora, una perdita di credibilità   politica nella stagione del berlusconismo che l’hanno resa un partner per molti versi inaffidabile.
E consola poco che nella lista dei trasgressori delle regole di Maastricht ci sia anche quella Francia, aggrappata adesso alla Germania per costruire un direttorio sbilenco che, se dovesse proseguire su questa strada, approderà   con più probabilità   ad una «Europa tedesca» piuttosto che a una «Germania europea».
Come era nei patti all’indomani dell’unificazione tedesca e come resta oggi auspicabile per l’Europa intera, se le vogliamo evitare pericolose tensioni in futuro.

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