Si sono svolte il 26 ottobre scorso le elezioni legislative in Georgia, piccolo Paese di 4 milioni di abitanti incastonato nel Caucaso del Sud. Sono state elezioni attese con apprensione dai georgiani e dalla comunità internazionale, cariche di sfide geopolitiche non solo per il Paese, ma anche per i rapporti fra l’Europa e una Russia in piena guerra di aggressione all’Ucraina e determinata a contrastare l’intero Occidente.
La sfida elettorale si è giocata infatti fra, da una parte, il Partito “Sogno georgiano”, al potere da dodici anni, segnato da un continuo regresso democratico, da autoritarismo, da un avvicinamento sempre più concreto alla Russia e dall’adozione di legislazioni sempre più ispirate dal modello russo e, dall’altra, un’opposizione sempre più determinata a guardare all’Europa e ai suoi spazi di libertà e di valori.
Su questa sfida, la campagna elettorale si è quindi svolta su due orizzonti ben diversi, da un lato, con la guerra in Ucraina alle spalle, Sogno georgiano ha puntato sulla prospettiva di un rapporto con la Russia volto ad allontanare il timore di un’eventuale guerra e su una “promessa di stabilità e di pace”. Dall’altro lato, un’opposizione tenace e convinta, guidata dalla Presidente Salomé Zourabichvili, ha inseguito la prospettiva di un’adesione all’UE con la garanzia del rispetto dei diritti e dello stato di diritto. Una prospettiva di adesione che Bruxelles aveva offerto a Tbilisi nel 2023, un gesto politico a lunga, lunghissima scadenza, scaturito dall’aggressione della Russia all’Ucraina e dalla memoria della breve ma rovinosa guerra mossa dalla Russia alla Georgia nel 2008. Non solo, ma dalla memoria anche di quella Rivoluzione delle Rose del 2003, con la quale il popolo georgiano aveva già dimostrato tutta la sua volontà di avvicinarsi all’Europa.
Il risultato delle elezioni del 26 ottobre ha dato la vittoria al partito al potere, con il 54% dei voti, una percentuale inferiore a quella prevista o desiderata da Sogno georgiano. Un risultato che, d’altro canto ha fortemente oscurato l’orizzonte europeo dell’opposizione, ha ulteriormente spaccato il Paese e ha aperto scenari carichi di interrogativi, non solo sulla stabilità interna della Georgia, ma anche sulle future risposte che daranno al riguardo sia l’Unione Europea che la Russia. Se il risultato del voto verrà accettato dall’opposizione, che ha già denunciato, insieme agli osservatori internazionali, brogli ed irregolarità, Sogno georgiano potrà formare un nuovo Governo e avvicinare sempre più il Paese all’orbita del Cremlino, allontanando di fatto la Georgia dall’Europa.
La Russia, forte di questo risultato, continuerà ad essere presente nel Paese e a rafforzare la sua presenza, visto che già dal 2008 occupa le due regioni separatiste dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud, circa il 20% del territorio della Georgia. L’Unione Europea, dal canto suo, si ritrova di fronte a un dilemma non da poco. Quale sarà infatti la risposta di Bruxelles, dopo aver concesso alla Georgia lo statuto di candidato all’adesione e dopo aver sospeso tale processo in seguito all’adozione di leggi filorusse sulle “interferenze straniere”, ritenute incompatibili con il diritto europeo?
L’Unione dovrà decidere se accettare la sfida geopolitica e tenere agganciata la Georgia all’Europa affinché non cada sempre più nella sfera russa oppure confermare la sua scelta, ad alto rischio, di intransigenza per quanto riguarda le riforme democratiche di un Paese candidato all’adesione. Al riguardo, la visita a Tbilisi dell’ungherese Viktor Orban, Presidente di turno del Consiglio UE, per congratularsi con Sogno georgiano, non puo’ far altro che alimentare dilemmi e sfide per la stessa Unione Europea.
Nel frattempo, la Georgia, come la Moldavia nei giorni scorsi, si ritrova sempre più su quella frontiera che divide l’Europa dalla Russia: due visioni politiche agli antipodi e un dialogo impossibile segnato dalla guerra, in un mondo che cambia ad alta velocità.