Forum dell’Energia, tra dialogo e petrolio

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Dialogo tra Paesi sull’energia come risposta alle sfide globali: dalle tensioni sui prezzi al rapporto tra produttori e consumatori fino alla sicurezza e alla sostenibilità   ambientale. Questi i temi centrali dell’11° Forum Internazionale dell’Energia (IEF), il summit biennale che dal 20 al 22 aprile ha riunito a Roma 80 ministri dell’Energia provenienti da tutto il mondo (e che rappresentano più del 90% della produzione e del consumo mondiale di energia) e numerose organizzazioni internazionali. Al centro dei lavori numerose questioni fondamentali: come garantire un’adeguata disponibilità   di risorse energetiche e assicurare sufficienti investimenti infrastrutturali; quali sono le ricette per rendere «sostenibile» l’avvenire delle future generazioni; come permettere approvvigionamenti sicuri e rendere stabile il dialogo tra Paesi produttori e consumatori.
Tra gli interrogativi emersi nell’ambito del Forum, oltre all’allarme lanciato sui biocarburanti che creerebbero aumenti dei prezzi dei generi alimentari, il principale ha riguardato il rialzo e la volatilità   del prezzo del petrolio (che tocca in questi giorni la quota record di 119 dollari al barile). Anche se, leggendo il documento conclusivo dello IEF, questi prezzi «dovrebbero attestarsi a livelli accettabili sia per i produttori che i consumatori, in particolare i Paesi importatori più poveri», il rischio di questa situazione è che gli aumenti del greggio, insieme alla crisi creditizia, possano deteriorare le prospettive di sviluppo dell’economia mondiale.
Nessun problema invece, secondo il Forum, per il fabbisogno mondiale di petrolio e gas: dal meeting è emersa, infatti, la garanzia che per i prossimi (cinque?) decenni gli approvvigionamenti saranno garantiti. «Tuttavia – si legge nella nota conclusiva del Forum – le percezioni dell’opinione pubblica e dei mercati non sono in linea con la realtà   geologica delle riserve». Di qui la necessità   di promuovere un’informazione più strutturata e fattuale sul tema. Per assicurare maggiori risorse, inoltre, tutti i Paesi hanno concordato sulla necessità   di «adeguati e puntuali investimenti in tutta la catena produttiva del gas e del petrolio». Investimenti che, secondo le stime dell’Agenzia internazionale per l’energia, ammonterebbero a 10.000 miliardi di dollari statunitensi.
Molto apprezzato è stato poi il programma JODI (Joint Oil Data Initiative), che favorisce lo scambio di dati e informazioni sui prezzi e contribuisce ad aumentare la trasparenza del mercato del petrolio e che i delegati del Forum hanno auspicato possa estendersi anche al mercato del gas.
Ma se l’obiettivo dell’IEF era quello di giungere a un dialogo proficuo e istituzionalizzato sulla stabilizzazione dei mercati petroliferi da conseguire mediante lo sviluppo di programmi condivisi dal lato della domanda e dell’offerta, come si colloca l’Unione europea in questa prospettiva?
Nello scenario energetico del 21àƒâ€šà‚º secolo le regioni economiche si trovano in una situazione di dipendenza reciproca per garantire la sicurezza energetica, la stabilità   economica e un’azione efficace contro i cambiamenti climatici. Gli effetti di tale scenario sono avvertiti direttamente da tutti: l’accesso all’energia è infatti fondamentale per la quotidianità   di tutti i cittadini, che devono far fronte a prezzi elevati, alle minacce alla sicurezza degli approvvigionamenti e ai mutamenti ambientali.
Questo scenario richiede una risposta europea comune. L’Unione europea, con i suoi 500 milioni di consumatori, è il secondo mercato energetico del mondo. Essa riveste inoltre un ruolo di primo piano a livello mondiale in fatto di gestione della domanda, promozione di forme di energia nuove e rinnovabili e sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio. Il processo di liberalizzazione in atto in questi ultimi anni nell’UE ha mostrato come un mercato comunitario efficiente e competitivo possa amplificare gli investimenti e migliorare la sicurezza e l’efficienza di energia. Tuttavia esistono ancora alcune notevoli differenze fra Paesi. L’Italia e il Regno Unito sono esempi di un processo riuscito di liberalizzazione, mentre altri Stati europei sono ancora troppo legati a dinamiche nazionali. L’esistenza di tali asimmetrie all’interno dell’UE impedisce la creazione di un mercato integrato e sopranazionale, rallentando così i processi di investimento e limitando di conseguenza la sicurezza energetica.
L’Unione europea, inoltre, dipende fortemente dall’estero, poichà© il 62,1% dei propri bisogni energetici viene soddisfatto tramite importazioni (che si prevede toccheranno la quota del 78% nei prossimi decenni). L’approvvigionamento di gas deriva principalmente da Russia e Algeria, che rappresentano complessivamente più del 70% dei rifornimenti.
A livello comunitario, è quindi necessario un consolidamento del livello di cooperazione politica, rafforzando e implementando una politica energetica europea, che ponga particolare attenzione alla sicurezza degli approvvigionamenti e che miri a ridurre la vulnerabilità   europea nei confronti delle crisi energetiche e a sostenere lo sviluppo a lungo termine di un mercato europeo dell’energia. L’UE deve impegnarsi ad accrescere il proprio rendimento energetico usando tutti i metodi disponibili, a partire dall’incoraggiamento a una maggiore diversificazione energetica in ogni Paese, fino alla promozione dell’uso delle risorse nazionali (in primis le fonti di energia rinnovabile) e allo sviluppo di partenariati pubblico-privati e programmi transnazionali nella Ricerca e Sviluppo. Molti Stati europei, tra cui l’Italia, sono poi chiamati a re-integrare l’opzione nucleare nel dibattito politico e pubblico. Secondo i dati presentati al Forum, l’energia nucleare, che costituisce un terzo dell’approvvigionamento energetico globale, puಠrappresentare un’opzione sia per ridurre le importazioni sia per far fronte agli impegni che i Paesi dell’UE si sono assunti sottoscrivendo il Protocollo di Kyoto.

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