Fiscal Compact: le regole e i rischi

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Il Fiscal compact, la cui denominazione ufficiale è “Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria” ma che i media italiani e internazionali identificano anche come Fiscal Pact, è un Accordo intergovernativo (non un “Trattato comunitario”) adottato nel marzo del 2012.
Il testo stesso del Trattato prevedeva che esso entrasse in vigore successivamente alla ratifica da parte di almeno dodici Paesi della zona euro, ruolo toccato alla Finlandia che ha detto “sì” nel dicembre 2012.
L’Italia aveva preceduto nella ratifica la Finlandia: il Senato aveva ratificato l’Accordo nel luglio 2012 e con il consueto basso livello di dibattito e informazione che da sempre accompagna nel nostro Paese i temi europei.
A seguito della ratifica, nel dicembre del 2012 il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha promulgato la legge n 243 “Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione”, che ha “costituzionalizzato” il vincolo del pareggio di bilancio.
Il Fiscal Pact è dunque “norma efficace” dal 1 gennaio 2013 ma prevede un tempo di transizione di un anno: le regole in esso contenute si applicheranno dal 1 gennaio 2014.
L’Accordo, voluto dai Paesi del rigore (capitanati dalla Germania di Angela Merkel) e sostenuto dalla Banca centrale europea (BCE) contiene tre regole fondamentali.
In primo luogo vi è il vincolo del pareggio di bilancio che deve essere recepito con legge di rilevanza costituzionale e in base al quale Il bilancio annuale di ogni Stato dell’eurozona deve chiudersi «in pareggio o in avanzo». In ogni caso ciascun Paese dovrà rispettare l’impegno di non superare lo 0,5% di incremento del deficit. Tale limite è elevato all’1% per quei Paesi con un rapporto Debito/Pil al di sotto o pari al 60%.
In secondo luogo il Trattato stabilisce che il rapporto tra debito e Prodotto Interno Lordo non debba superare il 60%; in caso di sforamento, la differenza tra il livello reale e l’obiettivo deve essere ridotta di un ventesimo all’anno. È stata, comunque, prevista la valutazione complessiva di «fattori rilevanti», tra cui l’aggregazione di debito pubblico e privato ed eventuali riforme varate al fine di contribuire all’equilibrio di bilancio nel lungo periodo (ad esempio in materia previdenziale).
Infine vi è l’obbligo al varo di misure correttive da parte di quei Paesi che non rispettano gli obiettivi sopra enunciati: la mancata approvazione e implementazione di tali misure correttive può comportare sanzioni pecuniarie fino allo 0,1 % del PIL dello Stato inadempiente.
Il Fiscal Pact comporterà sforzi importanti per quasi tutti i Paesi membri, anche per la stessa Germania il cui rapporto debito/PIL si attesta al 90%
Per i conti pubblici italiani le tre “regole d’oro” del Fiscal Pact si traducono in un raggiungimento dell’obiettivo di rapporto tra debito e PIL (attualmente al 127%) entro il 2033, con l’annuale realizzazione di avanzi primari, condizione questa che suscita preoccupazioni sia in alcuni economisti (che vedono nella rigidità di tali vincoli forti rischi di recessione) sia nei principali attori economici e nelle parti sociali che da tempo invocano il rilancio degli investimenti anche pubblici per aprire una nuova fase di crescita e contrastare la crisi.

di Marina Marchisio

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