Europa: nuove misure per la gestione dei flussi migratori

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In risposta ad una richiesta degli Stati membri, formulata in occasione del Vertice di Malta del 3 febbraio scorso sulla necessità di un riesame della politica di rimpatrio dell’UE, la Commissione Europea ha presentato con puntualità un nuovo piano d’azione in materia.

Si tratta, in particolare, di un insieme di raccomandazioni agli Stati membri su come rendere più efficaci le procedure di rimpatrio esistenti, applicandole con più rigore nei confronti di coloro che non “necessitano di protezione internazionale” e che, quindi, non possono avvalersi del diritto d’asilo.

Sono proposte che il Consiglio europeo dovrà valutare nel suo prossimo Vertice del 9 e 10 Marzo prossimi. Colpiscono tuttavia i toni e la determinazione con i quali la Commissione europea intende affrontare i temi legati ai flussi migratori, in particolare l’urgenza e i modi con cui intende proporre di rimpatriare i migranti irregolari che oggi si trovano ancora sul suo territorio.

Considerando che, secondo i calcoli della Commissione stessa, oggi verrebbero eseguiti solo il 36% dei rimpatri decisi, sarebbero circa un milione le persone che gli Stati membri dovrebbero rimandare a casa entro la fine del 2017. Molte le misure previste per poter attuare rapidamente tali espulsioni, fra le quali procedure più rapide, misure più incisive contro la fuga, una cooperazione migliore fra gli Stati membri e programmi di assistenza al rientro volontario.

Fra queste misure spicca purtroppo anche la possibilità di mettere in detenzione i migranti per periodi che possono andare da sei mesi fino a diciotto mesi. Una possibilità che, se messa in pratica, solleva immediatamente due inquietanti quesiti: quali garanzie per il rispetto dei diritti fondamentali e del principio di non respingimento nonchè quale trattamento nei confronti dei minori e dei bambini non accompagnati che giungono sempre più numerosi in Europa.

Oltre a proporre un aiuto finanziario di 200 milioni di Euro agli Stati membri per sostenerli nell’attuazione di queste misure, la Commissione europea ha affrontato altri due temi importanti nella gestione dei flussi migratori: il ricollocamento dei rifugiati arrivati in Italia e in Grecia e i negoziati di riammissione con alcuni Paesi terzi di partenza.

Sul fronte dei ricollocamenti, la Commissione europea constata la mancanza del rispetto degli impegni presi al riguardo dagli Stati membri nell’accordo del 2015. Rimane infatti quasi insignificante il livello dei rifugiati redistribuiti nell’Unione al giorno d’oggi: circa 13.500 rispetto ai 160.000 previsti nel periodo 2015-2017. In testa alla lista dei Paesi che rifiutano l’accoglienza si trovano Ungheria, Austria e Polonia, Paesi nei confronti dei quali la Commissione usa estrema prudenza sulla prospettiva di aprire procedure di infrazione.

Ed infine, la Commissione affronta un terzo aspetto della politica migratoria e cioé la raccomandazione di una conclusione rapida dei negoziati in corso per accordi di riammissione e rimpatrio con Nigeria, Tunisia e Giordania, cercando di coinvolgere anche Paesi come l’Egitto, il Marocco e l’ Algeria, Paesi che l’Europa considera determinanti per frenare i flussi migratori. Senza parlare per ora di un possibile accordo con la Libia, simile a quello concluso con la Turchia.

L’ultimo Vertice dei Capi di Stato e di Governo ha valutato positivamente le proposte della Commissione. Hanno fatto senz’altro da sfondo alle discussioni degli Stati membri le prossime scadenze elettorali in Olanda, Francia e Germania, dove i temi dell’immigrazione occupano grandi spazi di preoccupazione in un’opinione pubblica sempre più sensibile a messaggi populisti e xenofobi. Forse le proposte della Commissione volevano rispondere, in parte, a queste preoccupazioni, creando tuttavia inquietudine fra quei cittadini che vorrebbero invece una politica dell’immigrazione più rispettosa dei diritti, più accogliente e più lungimirante.

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