Sono passati oltre cinquecento anni da quando gli europei, sbagliando già allora l’approdo giusto, scoprirono l’America. Un tempo più che sufficiente per valutarne i risultati ed aggiornare le mappe geografiche, in particolare con riferimento a quanto accaduto nell’ultimo secolo e più recentemente con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca.
Nella Prima Guerra Mondiale, e ancor più nella Seconda, gli Stati Uniti sono intervenuti in Europa, contribuendo a mettere fine ad entrambi i conflitti e al ritorno della democrazia in un continente oppresso da regimi dittatoriali.
Più tardi non si sono risparmiati in Asia, subendo una clamorosa sconfitta in Vietnam, e intervenendo a mettere ordine nel loro “cortile di casa” in America Latina, come nel caso del Cile a guida socialista, senza dimenticare le scorribande in Medio Oriente, in particolare in Iraq e in Afghanistan con i risultati poco brillanti che conosciamo.
Un attivismo fuori dai confini USA che ha non poco imbarazzato l’Europa ma, tutto sommato, lasciandola tranquilla, anche perché ritenuta dagli USA un’utile linea di difesa rispetto all’Unione Sovietica durante gli anni della guerra fredda.
Seppure con qualche tensione l’America dal dopoguerra ad oggi ci risultava amica e protettrice: l’Europa comprensibilmente si è fidata di un alleato importante anche quando gli interessi americani prevalevano su quelli europei.
Da qualche tempo la musica è cambiata: l’Europa è lentamente scivolata verso la periferia del mondo e si è allargato lo spazio Atlantico, mentre cresceva, e non da ieri, la centralità dell’Indo-Pacifico, e quella della Cina in particolare.
Così l’Europa, da amica e alleata è via via diventata concorrente, fino a profilarsi come avversaria, almeno per oggi non ancora nemica. Traduce tutto questo, con il pregio di una brutale chiarezza, il documento di “Strategia per la sicurezza nazionale” degli USA, diffuso la settimana scorsa a Washington.
Il documento che annuncia le priorità della politica estera dell’Amministrazione Trump descrive l’ordine mondiale – si fa per dire in questi tempi di caos – senza esitare a “mettere gli stivali per terra” nelle diverse regioni del mondo, in particolare prendendo a calci l’Europa e lasciando presagire un possibile indebolimento della Nato, almeno nel senso di lasciare la protezione del continente in carico agli europei.
Per chi non avesse ancora capito – o fingesse di non capire – chi è Trump, questa sarebbe una lettura interessante che dovrebbe aiutare politici indecisi e governanti ambigui a fare l’ormai inevitabile scelta tra Washington e Bruxelles, tra l’esaltazione della Nazione pronta al conflitto e la ricerca di un dialogo pacifico tra Paesi democratici, come nella vocazione dell’Unione Europea.
Purtroppo è proprio l’UE con le sue regole a protezione della libertà di tutti, compreso nella gestione delle piattaforme digitali, a dare fastidio a Trump, molto più di quanto lo preoccupi il suo “socio in affari” Putin, non a caso esente dalle critiche americane e a far gridare a Musk che “l’Unione Europea va abolita”.
Non stupisce che il bersaglio preferito sia l’Unione Europea destinata, secondo Trump, a dissolversi nel giro di vent’anni, perché vecchia e sommersa da ondate di migranti che ne distruggono identità e valori e per la quale Trump si erge adesso a grottesco difensore, niente meno che per “ristabilire la fiducia in sé della civiltà europea e dell’identità occidentale”, mentre Musk si spinge a chiedere l’abolizione dell’UE, “Quarto Reich”.
Le destre ed estreme destre europee, comprese quelle italiane, troveranno nel documento USA preziosi spunti per un programma aggiornato delle loro politiche, come già rivelano le loro dichiarazioni, singolarmente allineate con quelle di Putin, che a sua volta giudica la strategia degli USA in linea con la visione di Mosca, innescando una proprietà transitiva tra USA,Russia e destre europee che dovrebbe far riflettere e smascherare le persistenti ambiguità sul tema.
A loro volta le Istituzioni europee avranno l’occasione di svegliarsi dal loro lungo letargo e decidere se progredire verso una sovranità condivisa o declinare nella palude delle sovranità nazionali: a volta anche gli insulti possono far bene a chi non avesse ancora scoperto l’America.













