E anche per l’Europa le vacanze sono finite

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Per l’Unione europea, l’ultimo appuntamento estivo in calendario prima delle vacanze era quello di metà   luglio a San Pietroburgo per il G8, che avrebbe dovuto affrontare il problema del futuro del mercato energetico e si trovಠinvece a dover fare i conti con l’esplosione del conflitto israelo-libanese. La risposta non fu particolarmente efficace, nonostante la richiesta italiana per un intervento urgente dell’ONU. Poi, davanti al precipitare della situazione, le vacanze hanno lasciato il posto ad un’estate densa di confronti internazionali, nel tentativo di giungere ad una cessazione delle ostilità   tra i belligeranti sul terreno: numerose, anche se tardive, le riunioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU e non meno intensi gli scambi tra i maggiori attori internazionali e le parti in conflitto, a cominciare dalla Conferenza di Roma voluta dal Governo italiano, dove perಠnon si presentಠIsraele nà© vennero invitate – nà© vi erano le condizioni perchè questo potesse allora avvenire- l’Iran e la Siria, la cui ombra pesante aleggiava sul conflitto in corso. Nell’UE la buona volontà  , ma anche l’inesperienza della Presidenza di turno finlandese, si confrontಠalle posizioni divergenti di alcuni importanti Paesi membri con la Gran Bretagna, allineata sulle posizioni USA, la Germania, a tutt’oggi paralizzata dal suo passato, la Francia, la Spagna e l’Italia, che convergevano verso l’adozione di iniziative sul terreno. Fu questa alla fine la posizione che prevalse in seno al Consiglio di sicurezza ONU con la risoluzione 1701, che all’unanimità   chiedeva un rapido «cessate il fuoco» (dopo oltre un mese di combattimenti ed oltre mille morti) e l’invio di una forza multinazionale di interposizione per ristabilire l’integrità   territoriale del Libano e condizioni di sicurezza per Israele.
Fin qui la lenta trattativa diplomatica internazionale. Ma la svolta effettiva – anche se forse non ancora storica – è avvenuta a Bruxelles, la settimana scorsa, con il Consiglio straordinario dei Ministri degli Esteri dell’UE, sollecitato dall’Italia per dare uno sbocco operativo alla risoluzione dell’ONU. Il risultato è noto: la tenacia dell’Italia l’ha spuntata sulle esitazioni della Francia e, con contributi nazionali diversi, l’UE ha deciso di impegnarsi direttamente sul terreno.
A questo punto lasciamoci alle spalle il quesito ozioso su chi abbia vinto o perso tra i contendenti, e questo per almeno due buone e drammatiche ragioni: perchà© purtroppo questa brutta «partita» è tutt’altro che finita e perchà© dovrebbe ormai essere chiaro che con la guerra non vince nessuno e perdono tutti. Ne sa qualcosa in particolare proprio Israele alle prese con una grave crisi politica interna e il Libano con un Paese semidistrutto più ancora nei suoi fragili equilibri politici che non nel suo territorio.
Chi da questa drammatica vicenda se ne esce meglio è l’ONU, ridiventata finalmente sede di un pacifico negoziato multilaterale e più ancora l’UE, finalmente capace, dopo non poche esitazioni, di «entrare in partita», non più ridotta solo a spettatrice e generosa donatrice per la ricostruzione (il passaggio, come dicono gli addetti ai lavori, da «payer» a «player», da pagatrice a giocatrice). àˆ infatti corretto registrare che, nonostante la mancanza di una propria politica estera e della difesa, l’UE in questa occasione si è fatta progressivamente più attiva, convergendo su posizioni comuni dove hanno finito per prevalere le proposte dei Paesi mediterranei più sensibili ai problemi della regione. E qui l’Italia ha fatto la sua parte, non lasciandosi scoraggiare dai risultati modesti della Conferenza di Roma (che tuttavia aveva chiaramente annunciato un nuovo protagonismo dell’Italia a livello internazionale), nà© dalle esitazioni degli altri «grandi» d’Europa (in particolare di Francia e Germania) e moltiplicando le iniziative bilaterali alla ricerca di una soluzione.
Senza fingere che una soluzione stabile si possa un giorno trovare senza affrontare alla radice il problema palestinese, a cominciare dalla Striscia di Gaza dove già   si pensa ad una presenza delle forze ONU, e senza il coinvolgimento della Siria e dell’Iran, già   co-protagonisti del conflitto estivo ma probabili veri protagonisti dei conflitti a venire, dei quali la vicenda nucleare iraniana potrebbe rivelarsi un elemento centrale.
E così questa estate drammatica per il Medioriente manda alcuni messaggi chiari: dopo la stagione dell’unilateralismo miope, l’ONU è tornata faticosamente a contare e con essa anche l’Italia, tra i primi Paesi a chiederne l’intervento insieme con quello dell’Unione europea, per la quale l’ora è venuta di assumere le sue responsabilità   a livello internazionale, rischi e costi compresi. Adesso per l’Europa le vacanze sono finite e per l’Italia nuove prospettive si aprono nel Mediterraneo, tornato ad essere, almeno un po’, «mare nostrum».

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