Ha il risveglio lento l’Unione Europea in questi ultimi tempi. Dopo la ripresa di iniziativa in occasione della pandemia da Covid 19, con la creazione di un debito comune a sostegno dell’economia europea, e la prova di solidarietà data al popolo ucraino aggredito dalla Russia, l’Unione Europea sembrava essersi riaddormentata.
Nemmeno gli scossoni in provenienza dal suo ex-alleato di oltre-Atlantico, fatti di male parole e di minacce sui dazi, sembravano disturbarne una rassegnata sonnolenza, al punto da chiedersi se ci fosse un pilota a bordo a Bruxelles.
A cercare di rimettere in moto la lenta macchina comunitaria ci hanno provato alcuni leader nazionali, come il presidente francese Emmanel Macron e, fuori dall’UE, il premier britannico Keir Starmer, entrambi all’origine del tentativo di aggregare una “coalizione di volenterosi” per contribuire alla sicurezza dell’Ucraina in caso di cessate il fuoco e di una difficile futura pace.
Intanto sul tema sicurezza cominciava a muoversi anche la Commissione europea con il suo Piano per una difesa comune, dal titolo maldestro di “ReArm Europe” e con proposte più favorevoli a riarmi nazionali che non alla costruzione di una difesa europea, iniziative tutt’ora incerte in attesa del vertice NATO del prossimo giugno.
In questo concerto non proprio armonioso dei responsabili UE, tanto a livello comunitario che nazionale, con voci spesso discordanti o ambigue, come nel caso del governo italiano, ha preso la parola con tenace pazienza il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Sul tema della pace e della solidarietà europea il suo magistero è sempre stato di una coerenza esemplare tanto nei confronti di responsabili della politica nazionale, più facili all’applauso che non al rispetto della Costituzione, quanto ai Vertici delle Istituzioni europee incontrati la settimana scorsa a Bruxelles.
A questi ultimi ha ricordato l’urgenza per l’Unione Europea di affrontare riforme profonde, come quelle proposte da Mario Draghi e da Enrico Letta nei loro Rapporti alla Commissione europea, per il momento giacenti in qualche cassetto, in attesa di un seguito concreto. Sarà anche per questo che alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sono fischiate le orecchie al ricordo di quel “nessun dorma” pronunciato il 14 maggio da Mattarella a Coimbra e risuonato tra le Istituzioni UE con il sapore del rimprovero e dello stimolo a svegliarsi.
Pochi giorni dopo a Bruxelles, nel Consiglio dei ministri degli esteri UE, qualcuno si risvegliava finalmente dal lungo vergognoso sonno che aveva accompagnato in silenzio l’insopportabile massacro israeliano nella Striscia di Gaza, con una forte maggioranza di Paesi in favore della revisione dell’Accordo di associazione tra Israele e l’UE. Purtroppo in quella maggioranza, chiamata seppure in ritardo a salvare l’onore dell’Europa, ancora una volta non figura l’Italia, rimasta in non onorevole compagnia con altri sette Paesi delle periferie politiche dell’Unione, quelle che a diverso titolo remano contro un’Europa coraggiosa, contenti che l’UE dorma per lasciar spazio alle miserabili manovre di nazionalisti e ultra-nazionalisti.
Su quanto sta accadendo in questi giorni a Gaza ed in Ucraina incombe il tribunale della storia, non quella che esalta i vincitori ma quella che ricorderà le vittime di entrambe le parti e i loro carnefici: ne dovranno rispondere anche quanti nell’Unione Europea e in Italia hanno finto di dormire per non disturbare i prepotenti di questo mondo.