Dicembre, voti che pesano

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L’Europa è un laboratorio di democrazia permanente, almeno a giudicare dalla frequenza delle consultazioni elettorali e simili.

Nel giro di una settimana, nell’Unione Europea, due Paesi importanti, Francia e Spagna, sono andati alle urne. E in quello stesso breve spazio di tempo si è svolta in Germania, a Karlsruhe, un’importante consultazione all’interno della CDU, il partito di Angela Merkel, il cui esito per l’Unione Europea potrebbe avere conseguenze significative.

Ma cominciamo dalla Francia, non solo per ragioni cronologiche. Si tratta di un Paese fondatore della prima Comunità europea, un attore importante, per lunghi anni, nel processo di integrazione quando Germania e Francia condividevano un ruolo di protagoniste prima che in questi ultimi anni, e già in verità a partire dall’unificazione tedesca, si andasse indebolendo una partnership tra Paesi diventati tra loro troppo diversi.

L’esito del voto alle elezioni amministrative francesi è noto: nei ballottaggi del secondo turno, il 13 dicembre, i partiti di centro e di sinistra hanno sbarrato la strada al Front National delle due Le Pen, le più votate al primo turno, una a nord e l’altra a sud, privandole della conquista di due importanti regioni. E’ stato molto più un voto “contro” che non un voto “per”, preludio a problematiche elezioni presidenziali, le sole che veramente contano nel sistema politico francese, nel 2017. Allora sarà più difficile fermare la destra populista francese senza un progetto in grado di provocare un voto “per”. Per il futuro della Francia e per quello dell’Europa, lasciata in ombra nella campagna elettorale da centro e sinistra.

I due principali partiti di centro e di sinistra dovranno chiarire che Europa vogliono e come comporre il mito fondatore della sovranità nazionale con un’Unione a vocazione federale, decidere quanto essere “patrioti” per fermare il Front National e quanto “europei” per dare uno sbocco moderno ai valori della “République”.

Altra tonalità e altre poste in gioco nelle elezioni politiche spagnole del 20 dicembre, anche se in entrambi i casi risulta segnata la fine del bipartitismo con il passaggio a un gioco a quattro in Spagna e la prevalenza di in voto “contro” i partiti tradizionali.

Il Partito popolare di Mariano Rajoy è stato il più votato, ma con una dotazione di seggi insufficiente per governare da solo; il Partito socialista è incalzato da vicino, alla sua sinistra, dal buon risultato di Podemos, con Ciudadanos  distanziato di alcuni punti. Una situazione che rende inevitabile il difficile approdo a un governo di coalizione ad alto rischio di instabilità.

Per l’Unione Europea, provata da tensioni e problemi irrisolti, prosegue un cammino in salita con una Polonia alle prese con una pericolosa involuzione politica stile Ungheria, una Francia malconcia, una Spagna ingovernabile e un Regno Unito alle prese con l’azzardo del referendum sulla permanenza nell’UE.

Due Paesi, Germania e Italia, sembrano provvisoriamente, per due anni almeno, al riparo da simili instabilità. Un contesto che ha reso possibile il presunto duello Renzi-Merkel all’ultimo Consiglio europeo, nel corso del quale sono venute alla luce divergenze su temi importanti come la gestione del flusso di migranti, il futuro dell’unione bancaria, i rapporti con la Russia e altro ancora. Renzi ha provato a lavorare ai fianchi la Cancelliera, rafforzata nella sua leadership dopo il consenso bulgaro ottenuto a Karlsruhe nel suo partito, che per un momento era sembrato esitare di fronte al suo rifiuto di fissare un tetto per i migranti in Germania.

Nel duello italo-tedesco nessuno è finito al tappeto, anche se non è difficile capire chi abbia vinto ai punti. È apparso chiaro che si sono scontrati due atteggiamenti sull’Europa di domani, le sue alleanze e le sue politiche. Nessun dubbio che resti dominante la visione tedesca, ma alcune prime flebili voci si sono levate per dissentire. Per quest’Europa in coma potrebbero essere alcuni primi segnali di risveglio.

 

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