Democrazie sotto pressione in Europa

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Ricordo la frase di un vescovo amico in un dibattito: “Spesso le democrazie per nascere hanno avuto bisogno di un conflitto, talvolta anche violento. Per vederle  morire basta non fare niente”. Vale la pena provare a leggere questa riflessione alla luce dello stato di salute delle democrazie nel mondo occidentale, tralasciando i Paesi delle “democrature”, come vicino a noi Russia e Turchia, in attesa di capire come evolverà la democrazia USA dopo la cura-Trump, limitando la diagnosi alle democrazie dell’Unione Europea.

Democrazie al plurale dei singoli Paesi membri dell’UE e di quella disegnata nelle Istituzioni comunitarie fin dall’inizio degli anni ’50: su entrambi i versanti la buona notizia è che, seppure diverse per età, le democrazie nazionali UE si dimostrano resilienti, anche se non in grande spolvero; la cattiva, è la deriva “illiberale” che alcuni Paesi, come Polonia e Ungheria e altre nella scia, stanno facendo subire a giovani e ancora fragili democrazie fuoruscite dallo spazio ex-sovietico. Sta meglio, da questo punto di vista, la democrazia interpretata dalle Istituzioni UE, anche se ristagna la sua evoluzione verso una democrazia più compiuta, con il rischio di non rispondere alle attese dei cittadini europei e consumarsi in attesa di riforme che non arrivano.

Lo scorso settembre la Commissione europea ha presentato il suo primo Rapporto annuale sullo Stato di diritto, anche in risposta alle minacce che i Paesi UE subiscono dall’esterno, oltre che a una diffusa insoddisfazione sull’esercizio della vita democratica tra i cittadini europei. Le conclusioni del Rapporto erano sostanzialmente positive, nonostante una serie di considerazioni problematiche per singoli Paesi, rintracciabili negli allegati del documento.

Sull’esercizio della democrazia è tornato recentemente il Parlamento europeo, sotto la cui pressione il Consiglio dei ministri ha adottato, a maggioranza, il vincolo del rispetto dello Stato di diritto per l’accesso ai Fondi europei, con la successiva reazione di Ungheria e Polonia, tradottasi nella minaccia di veto al bilancio 2021-2027 da adottare all’unanimità dei Ventisette.

Avviata questa prima benevola diagnosi sulle debolezze delle democrazie europee al loro interno la Commissione – a vent’anni dall’adozione della “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea –  ha presentato nei giorni scorsi un “Piano di azione per la democrazia europea: per democrazie dell’UE più forti” e già la seconda parte del titolo tradisce qualche preoccupazione e la necessità di correre ai ripari. Le priorità non si riferiscono a dettagli minori: si va dalla promozione di elezioni libere ed eque al rafforzamento della libertà e del pluralismo dei mezzi di informazione,  fino alla lotta alla disinformazione, senza dimenticare i fronti caldi delle nostre democrazie, segnalati nel  citato Rapporto annuale sullo Stato di diritto del settembre scorso. Tra questi l’efficienza dei sistemi giudiziari, la disciplina anti-corruzione, il bilanciamento dei poteri istituzionali e le misure di emergenza adottate nel contesto del coronavirus. Su questi ed altri temi sul banco degli imputati non ci sono solo Ungheria e Polonia: anche l’Italia non dimostra di avere tutte le carte in regola, come risulta dalle fitte e documentate 22 pagine della Commissione sulla “Situazione dello Stato di diritto in Italia”.

Una lettura utile per capire quanta strada debba ancora fare la vita democratica anche in Italia.   

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