Dalla Grecia qualche speranza anche per l’Italia

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Dall’Unione Europea in crisi sono arrivate la settimana scorsa buone notizie e altre se ne attendono la prossima, quando la Commissione europea presenterà le sue proposte sul “migration compact”, frutto di un’apprezzabile iniziativa del governo italiano.

Ma non anticipiamo sul futuro, difficile da prevedere in questi tempi grami, e restiamo sui risultati già raggiunti.

Tirato un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo corso in occasione delle elezioni presidenziali austriache, con la vittoria di stretta misura di una coalizione ancorata all’Europa democratica contro un’ultradestra euroscettica e xenofoba, si profilava di nuovo l’incubo di un rischio-Grecia, sempre alle prese con il suo dissesto finanziario e bisognosa di nuovo ossigeno da parte dei suoi severi creditori.

Oggetto del contendere le condizioni, non del tutto convergenti, imposte dall’UE e dal Fondo monetario internazionale (FMI) per fornire una nuova tranche di aiuti di 10,3 miliardi di euro alla Grecia, in cambio di impegni molto gravosi da parte di quest’ultima. Impegni presi, non senza difficoltà e proteste popolari, dal governo di Alexis Tsipras: dal rialzo dell’Iva a quello delle imposte sulle società, dagli aumenti dei contributi previdenziali su salari e pensioni a quelli delle imposte per i lavoratori autonomi. A questo pesante salasso fiscale si è aggiunto un impegno preventivo per “un’austerità automatica” che scatterebbe nel caso non venissero raggiunti – come non improbabile – gli obiettivi finanziari convenuti.

Per la Grecia e per l’UE ci sarebbe quindi poco da festeggiare, se non fosse per i risultati raggiunti sul capitolo decisivo del debito, del quale da sempre la Grecia chiede un alleggerimento, come avvenuto per altri Paesi in Europa, in particolare nel caso della stessa Germania nel 1953.

Adesso un primo passo sembra essere stato fatto e altri se ne annunciano per la Grecia e, forse, per altri Paesi in difficoltà con le finanze pubbliche, come nel caso dell’Italia.

L’alleggerimento del debito greco, che si avvia a superare il 180% sul Pil, è sul tavolo dei creditori fin dal 2012, quando vennero adottate alcune prime misure di riduzione ed è tornato all’ordine del giorno la settimana scorsa, sollecitato dal FMI, incontrando ancora una volta le resistenze della Germania.

Alla fine il compromesso è stato trovato nel calendario di esecuzione, rinviata al 2018 per mantenere la pressione sulle politiche greche di risanamento dei conti e per superare la data dell’autunno del 2017 quando vi saranno le elezioni tedesche. Con la speranza che di qui ad allora la Grecia non venga ulteriormente strozzata dall’ossessione tedesca per l’austerità. Un’ossessione che si è ancora manifestata al G7 in Giappone, lasciando i tedeschi isolati rispetto agli altri partner mondiali, pur consapevoli dei problemi che potrebbero derivare dalla corsa del debito mondiale che si avvia negli USA a superare il 100% del Pil dopo avere già superato la soglia del 200% in Giappone.

E’ naturale che il governo italiano veda con favore la svolta in corso e che continui a battersi anche per un diverso calcolo del deficit che tenga conto non solo della crescita reale ma anche di quella potenziale. Qualcosa comincia a muoversi nel quadro rigido dei parametri del Patto di stabilità, una rigidità che spinse il pur prudente Romano Prodi, allora Presidente della Commissione europea, a definirlo “un Patto di stupidità”. Si vedrà nei prossimi mesi, per l’Italia in ottobre, quali saranno le conseguenze per la nostra legge finanziaria. E per le tasche dei cittadini italiani.

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