È una regola consolidata, almeno in Occidente, che la bellezza risulta dall’armonia di proporzioni e forme. Anche in questo senso è stato “bello” il discorso di insediamento alla Presidenza della Repubblica, Sergio Mattarella, di fronte al Parlamento a Camere riunite.
Bello e anche elegante per la forma: quella pacata di un saggio che misura le parole davanti a un uditorio a questo poco avvezzo, come abbiamo spesso visto nei dibattiti parlamentari in questi ultimi tempi. La misura era nel rispetto della Costituzione che affida limitati poteri al Presidente della Repubblica, senza tuttavia potere abdicare al compito richiesto di garante tanto nella vita interna della nostra democrazia che nei confronti delle alleanze sottoscritte nel mondo da decenni dal nostro Paese.
È a questo proposito che diventano importanti le proporzioni dei temi sviluppati nel discorso. Scontati i richiami alle emergenze che vive il Paese, all’esigenza di salvaguardare la democrazia, molto sviluppato sul finale – e non a caso – il tema della dignità che l’Italia deve promuovere nella nostra società e tra i suoi cittadini.
Ampia, e proporzionata alle preoccupazioni del momento, l’attenzione dedicata alla politica internazionale e, in particolare, all’Unione Europea. Si comincia con ricordare che “L’Italia è al centro dell’impegno di ripresa dell’Europa. Siamo i maggiori beneficiari del programma Next generation e dobbiamo rilanciare l’economia all’insegna della sostenibilità e dell’innovazione”.
Maggiore rilievo prende poco oltre il tema dell’Italia in Europa: “Rafforzare l’Italia significa, anche, metterla il grado di orientare il processo per rilanciare l’Europa, affinché questa divenga più efficiente e giusta”.
E qui diventa naturale per il Presidente – diversamente da molti nostri politici – richiamare l’importanza della “Conferenza sul futuro dell’Europa” che “non può risolversi in un grigio passaggio privo di visione storica ma deve essere l’occasione per definire, con coraggio, una Unione protagonista nella comunità internazionale”.
Segue un richiamo al nostro dettato costituzionale aperto ad adesioni alle organizzazioni internazionali, dall’ONU alla NATO fino all’Unione Europea, con preoccupate considerazioni sui rischi che corre la pace “in un continente che ha conosciuto le tragedie della Prima e della Seconda guerra mondiale” e chiama i popoli europei a sostenere i processi di stabilizzazione e di pace “nel martoriato panorama mediterraneo e medio orientale”.
Forse ai nostri politici potrà sembrare sproporzionato lo spazio che il Presidente ha accordato alla politica internazionale, abituati come sono a rinchiudersi nel recinto dei problemi locali, quando non in quello degli interessi di parte o personali. È invece da queste giuste proporzioni tra gli impegni che aspettano l’Italia che bisogna ripartire, in particolare dopo il brutto spettacolo dei giorni scorsi in Parlamento per individuare un nuovo Presidente della Repubblica, senza riuscirci.
Altri diranno che il discorso di Mattarella vola troppo alto e che la politica deve stare con i piedi per terra. Non è sbagliato, ma solo se serve a prendere la rincorsa per affrontare gli ostacoli e superare l’asticella posta in alto dal Presidente, evitando la furbizia di provare a superarla passandoci sotto.