Ambiente: e adesso i nodi vengono al pettine

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Non si può dire che Mario Draghi sia particolarmente incline a drammatizzare: lo ha dimostrato in questo periodo di emergenza sanitaria dopo aver dato prova della sua calma nel governo dell’euro, affrontata da presidente della Banca centrale europea in una lunga stagione di crisi economica.

Bisognerà allora interrogarsi sul tono dell’allarme lanciato venerdì scorso ad Atene in occasione del Vertice dei Capi di Stato e di governo dell’area mediterranea, quando Draghi non ha esitato a parlare dei costi immensi della transizione ecologica non più rinviabile, come hanno ancora dimostrato eventi atmosferici estremi di questi mesi anche nella “protetta” Unione Europea.

Per cogliere il senso dei suoi toni allarmati vale la pena citare integralmente un passaggio del suo intervento: “Occorre considerare che una transizione ecologica così grande e rapida comporti costi sociali ed economici immensi; qui abbiamo una scelta, un programma che non è facile da conciliare. Da un lato siamo determinati a percorrere l’obiettivo della transizione ecologica con il massimo impegno; dall’altro siamo determinati a proteggere soprattutto i più deboli dai costi sociali che potrebbero essere – come stiamo vedendo ora dalle bollette – davvero significativi”.

A novembre si terrà a Glasgow, sotto presidenza congiunta Italia e Regno Unito, l’ennesimo vertice mondiale sul clima che dovrà fare in bilancio di quanto realizzato dagli accordi di Parigi del 2015 che avevano fissato l’obiettivo di contenere il riscaldamento climatico globale entro 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali. Purtroppo il bilancio sarà pesantemente negativo e Draghi lo ha anticipato al “Forum delle maggiori economie sull’energia e il clima” cui è intervenuto anche il presidente Joe Biden: “Se continuiamo con le politiche attuali, raggiungeremo quasi 3 gradi di riscaldamento globale entro la fine del secolo con conseguenze catastrofiche”.

La settimana scorsa la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo “Discorso sullo stato dell’Unione” è tornata sull’argomento confermando l’impegno dell’UE a perseguire l’obiettivo di una riduzione di almeno il 55% delle emissioni entro il 2030, grazie anche a un quadro legislativo vincolante, su un tema dove le parole si sono sprecate ma dove di fatti se ne sono visti ancora pochi.

Per accompagnare questa transizione è stato creato un Fondo specifico del bilancio UE per una “transizione giusta”: si saldano qui, a livello europeo, la necessità di non venire meno agli obiettivi presi in materia ambientale, ma anche di proteggere i cittadini europei dai costi che ne derivano, come riaffermato da Draghi per l’Italia.

Come riuscire questa saldatura non sarà una passeggiata e non basteranno interventi assistenziali e misure puntuali per rispondere alle prime emergenze che si manifestano, come nel caso delle bollette del gas italiane. Saranno necessarie misure molto più radicali, che non potranno non riferirsi anche alla riforma fiscale.

Non è un caso se Ursula von der Leyen nel suo discorso ha dedicato grande rilievo al tema fiscale a livello internazionale, denunciando i “profitti dissimulati” e ricordando che “pagare il giusto importo di imposte non è solo una questione di finanze pubbliche, ma è soprattutto una semplice questione di equità”. Così non è un caso se proprio in questi giorni in Italia diventi prioritaria la riforma del sistema fiscale, primo e fondamentale pilastro dell’equità. Sarà bene andarsi a leggere l’art. 53 della Costituzione italiana: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.

Ogni commento è superfluo.

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