All’ottavo vertice Ue – Cina accordo sulle esportazioni del tessile

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Tutti gli 87 milioni di capi di abbigliamento bloccati in dogana entreranno nell’Unione europea; metà   a carico delle quote previste per il 2005 e metà   a carico delle quote previste per il 2006. In sostanza si procederà   a saturare le quote previste per tutte le categorie di prodotti, anche operando spostamenti che consentiranno di caricare prodotti di altre categorie in quote per le quali non è stato raggiunto il tetto massimo (ad esempio i filati di cotone che a oggi sono fermi al 40%). Una volta effettuata questa prima operazione per tutti i prodotti sarà   consentito uno sforamento che permetterà   lo sdoganamento di circa 40 milioni di capi; gli altri dovrebbero entrare grazie ad un anticipo delle quote previste per il 2006, anno in cui la Cina si è impegnata a ridurre le licenze e i flussi di merce.
L’accordo «non è perfetto», ma sembra mettere d’accordo quasi tutti: soddisfazione è stata espressa, infatti, sia dal Commissario Mandelson sia dal Ministro Cinese per il commercio estero. Il primo ha risolto unà¢à¢â€š¬à‹Å“ingarbugliata matassa evitando un pericolo stallo tra l’Ue e quello che a oggi è il suo secondo partner commerciale per volume di affari; il secondo non ha perso l’occasione per sottolineare come l’intesa metta in luce il fatto che «l’Europa ha bisogno della Cina e la Cina ha bisogno dell’Europa», aprendo la strada ad un parternariato strategico.
Anche le divisioni tra i 25 sembrano superate: i Paesi produttori, guidati da Francia e Italia -dove per altro il fronte degli imprenditori è spaccato e la Lega cavalca la protesta dei contrari – hanno definito l’intesa «ragionevole e rispettosa degli accordi di Shanghai»; i Paesi importatori – Olanda, Danimarca, Svezia, Finlandia e Germania – hanno invece ottenuto lo sblocco delle merci ferme e il rispetto degli interessi dei consumatori e degli importatori per una via accettabile che contempera in modo equilibrato gli scenari prospettati alla vigilia (deroga all’accordo di Shanghai e trasferimento delle quote 2006 sul 2005).
L’intesa,dunque è stata trovata in un vertice in cui si è parlato anche di altri temi (vd sezione notizie) ma che aveva nella questione del tessile il suo «piatto forte» visto l’alternarsi di tensioni e schiarite che ha caratterizzato le relazioni commerciali Ue – Cina nel 2005.
Tutto comincia quando, alla fine del gennaio scorso, scade «l’accordo multifibre» e con esso termina il sistema delle quote che limita l’esportazione di prodotti tessili dalla Cina verso l’Europa; in febbraio la Commissione europea si dichiara per la prima volta «pronta a utilizzare gli strumenti di difesa commerciale di cui dispone se sussisteranno i presupposti giuridici nel quadro delle condizioni stabilite dall’Organizzazione Mondiale per il Commercio».
Il problema emerge da subito in tutta la sua complessità  : si tratta da un lato di impedire che l’aumento esponenziale delle importazioni cinesi affossi l’industria europea e quella dei Paesi in via di sviluppo e, dall’altro, di rispettare quanto deciso nel momento in cui si sono positivamente concluse le trattative per l’adesione della Cina all’Organizzazione Mondiale del Commercio (Uruguay 1995).
Tra marzo e aprile si ripetono le richieste di procedure di salvaguardia rivolte alla Commissione da associazioni di categoria (Euratex), Stati membri (Italia, Francia, Grecia, Spagna). e Paesi Terzi che sono partner economici dell’Ue. Ad aprile 2005 vengono adottate le linee guida relative alle misure di salvaguardia; nel presentare il documento alla stampa, il Commissario Mandelson precisa che se è vero che la fine del sistema delle quote era prevista dal 1995, non altrettanto puಠdirsi dell’espansione dell’economia cinese che oggi realizza il 20% degli scambi nel tessile. Inoltre, negli accordi siglati nel 1995 era stato previsto il ricorso alle quote fino a tutto il 2008 in caso di «gravi perturbazioni del mercato».
Le linee guida fissano soglie al tasso di crescita annuale delle importazioni delle singole categorie di prodotti e prevedono che al superamento di tale soglia la Commissione possa avviare su iniziativa propria o su richiesta di uno Stato membro, un’inchiesta e una tornata di consultazione della durata massima di 60 giorni; in seguito agli esiti di tali consultazioni si potrà   varare la misura di salvaguardia in base alla quale le importazioni non potranno aumentare di più
del 7,5% rispetto all’anno precedente.
Intanto i dati sull’export cinese si fanno preoccupanti e le richieste degli Stati membri si fanno pressanti Il 29 aprile 2005 la Commissione apre un’inchiesta su nove categorie di prodotti al fine di verificare l’esistenza di un aumento improvviso ed inatteso delle importazioni, di uno sviluppo disordinato degli scambi e di gravi danni per l’industria tessile europea in caso di tardiva o mancata adozione delle misure di salvaguardia.
Questo stato di cose, perಠsembra scontentare tutti: gli Stati membri che le avevano richieste considerano le misure adottate lente e insufficienti mentre le autorità   di Pechino, così come l’OMC le giudicano eccessive; da parte sua il Commissario Mandelson tenta di alleggerire la tensione assicurando che il sistema delle quote, ripristinato in tutta fretta, negli stessi giorni, dagli Stati Uniti, non verrà   reintrodotto: troppo diversi sono i volumi di esportazione e le strutture dei mercati, senza contare che l’Ue ha tutto l’interesse a mantenere intatta la cooperazione con le autorità   di Pechino.
Prima che la situazione precipiti e si arrivi a una proposta al Collegio dei Commissari e poi ad una richiesta formale all’OMC, Pechino e Bruxelles danno inizio agli incontri bilaterali che porteranno alla firma dell’accordo di Shanghai (10 giugno 2005) in base al quale le importazioni cinesi saranno limitate fino al 1 dicembre 2007 e non potranno superare tassi di crescita dell’8 – 12% rispetto all’anno precedente.
Il memorandum di intesa che entra in vigore il 12 luglio 2005 sembra fornire una cornice di chiarezza, certezza e prevedibilità   alle relazioni commerciali Ue – Cina, allontanando il fantasma delle misure unilaterali e garantendo sia la crescita del Paese asiatico sia la tutela delle industrie europee.
Lo spiraglio apertosi a luglio si chiude improvvisamente a fine agosto quando le quote previste dall’accordo vengono raggiunte o superate e diventa urgente sbloccare le merci ferme nei porti europei. Il dibattito che si apre vede contrapporsi Paesi produttori (che spingono per il massimo prolungamento possibile del sistema delle quote e sono disposti a concedere solo un trasferimento di quote da un anno all’altro) e i Paesi importatori (che hanno fatto scoppiare il caso e vorrebbero che il sistema delle quote fosse rapidamente abolito cominciando con la previsione di sostanziose deroghe all’accordo già   nel 2005).
Su posizioni analoghe a quelle dei Paesi importatori stanno anche l’Unione Europea delle Associazioni Consumatori, l’Unione delle Camere di Commercio europee, molte associazioni di categoria e l’Associazione europea per il Commercio Estero (FTA): il semplice trasferimento delle quote, infatti, consentirebbe meno flessibilità   e determinerebbe un ripetersi del problema nel 2006.
In questo clima inizia il lavoro di mediazione del Commissario Mandelson che chiede un mandato per negoziare con la Cina e lo ottiene superando le resistenze di produttori (preoccupati dalle ripercussioni del tessile cinese sui mercati del lavoro europei) e importatori (che lo accusano di non avere valutato le conseguenze dell’entrata in vigore dell’Accordo di Shanghai).
Concluso il negoziato, si resta ora in attesa dell’assenso formale dei 25 Stati membri, e, successivamente, del varo del regolamento per lo sdoganamento delle merci.
Le prossime settimane ci diranno se questa volta gli accordi trovati saranno duraturi o necessiteranno di nuovi adeguamenti e di nuove rinegoziazioni. Tale eventualità  , non puಠessere esclusa se si prendono in considerazione le reazioni di imprenditori e sindacati che potrebbero, in qualche modo pesare sull’evolversi della vicenda. ETUF TCL, sindacato europeo dei tessili si dice soddisfatto del pragmatismo che ha permesso di trovare una soluzione, ma critico per il fatto che si rischia di far pagare ai lavoratori un prezzo che andrebbe addebitato alla responsabilità   delle imprese e degli importatori. EAURATEX, Associazione degli imprenditori, parla, invece di regalo supplementare alla Cina che penalizzerà   i produttori e gli importatori europei.

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