Al gran ballo delle alleanze per le elezioni europee

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Viene in mente, vedendo quanto sta capitando, che le “forze” politiche europee ed italiane si stiano distraendo con un ballo sul Titanic che sta per affondare. Non tanto l’Unione Europea come macchina economico-finanziaria, ma il progetto europeo avviato oltre settant’anni fa verso una comunità solidale, dotata progressivamente di una sovranità politica e oggi alle prese con due guerre, alla vigilia di elezioni europee che potrebbero registrare una svolta epocale.

Sorvoliamo sulle fragili e scomposte alleanze tra i partiti italiani, tanto nella maggioranza che all’opposizione, dove il sistema elettorale proporzionale del voto europeo scatena una guerra di tutti contro tutti, persino più tra alleati o candidati tali che non con la parte avversa. 

Nell’attesa di capire dove si collocheranno nel Parlamento europeo i vaganti Cinque stelle e quali saranno i candidati del Partito democratico in affanno, limitiamoci per ora a registrare in seno alla maggioranza la “danza” della Presidente del Consiglio, tra chi nel governo si dichiara in favore del progetto europeo e chi contro, con la difficoltà supplementare di posizionarsi con le destre in campo europeo in vista della designazione della futura presidenza della Commissione europea. 

Qui vacilla il sostegno di Fratelli d’Italia al secondo mandato per l’attuale Presidente, Ursula von der Leyen, della Presidente del Consiglio frequente compagna di viaggi, già non del tutto gradita in casa propria, tanto in quella tedesca che in quella del Partito popolare europeo (PPE) e sotto tiro da parte del Gruppo socialista e dei liberali, senza i quali sarà difficile riuscire nell’impresa. Ne è un’avvisaglia, relativamente inconsueta, la pubblica presa di distanza da parte di quattro Commissari del Collegio che Ursula von der Leyen presiede, tra i quali anche il mite Gentiloni e il potente Commissario francese Thierry Breton oltre al vivace collega spagnolo Josep Borrell.

Tutto questo avviene a due mesi dalle elezioni di inizio giugno, con grande anticipo sull’esito del voto, del quale – dice il Trattato di Lisbona – i Capi di Stati e di governo debbono “tenere conto” nel designare la Presidenza della Commissione europea. Tutta questa agitazione anzitempo, tutto sommato poco rispettosa della fragile democrazia comunitaria, non è senza spiegazioni. 

A seconda di chi la presiede la Commissione europea, considerata il motore del processo di integrazione, può svolgere un ruolo importante, avvalendosi dei suoi tre poteri: quello di iniziativa, che detiene in esclusiva, quello della gestione del bilancio, che condivide con Parlamento e Consiglio dei ministri, e quello di controllo, in collaborazione con la Corte europea di giustizia. 

Si tratta di un crocevia istituzionale da dove si dipartono – o non partono – le future azioni politiche dell’UE, con interventi anche di straordinaria importanza come avvenuto nel corso di questa legislatura nel caso della lotta al Covid o del rilancio dell’economia con un’iniezione straordinaria di risorse finanziarie, grazie al Piano di ripresa europea (NextGenerationEU) con una dotazione di 750 miliardi di euro, di cui ben 194 per l’Italia.

Non stupisce quindi che ambiziosi e presunti “sovrani nazionali” facciano a spintoni per entrare in una delle più importanti “stanze dei bottoni” dell’UE. Quello che stupisce è che questo avvenga molto prima dell’esito elettorale europeo e che tutta questa agitazione prevalga su altre urgenze, come la guerra alle porte, un’economia che ristagna, le politiche ambientali rallentate, il debito pubblico cresciuto a dismisura ovunque, in Italia in particolare, e i ritardi accumulati sul versante dell’innovazione tecnologica, in particolare a proposito dell’irruzione dell’Intelligenza Artificiale, che pure l’UE è stata tra i primi a cercare di regolamentare.

La buona politica deve darsi delle priorità: vale per l’Italia e vale per l’Unione Europea.

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