Diventano sempre più numerosi i fronti di guerra su cui il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, quasi con un colpo di bacchetta magica, impone le sue tregue e le mostra al mondo intero come trofei. Trump tuttavia non insegue solo accordi di cessate il fuoco, ma, dal suo trono di “pacificatore” nel mondo, puo’ aprire anche altri fronti di guerra, come sta succedendo, purtroppo, in America Latina e in particolare in Venezuela.
In viaggio in Asia per incontrare, in particolare, i leader di Cina, Giappone e Corea del Sud, Trump ha sapientemente, nel suo noto stile di prendersi eccessivi meriti di negoziatore, intrecciato obiettivi economici sui dazi e altri accordi commerciali con partecipazioni a “storiche” firme di accordi di pace.
Su questo secondo versante infatti la prima tappa del Presidente è stata Kuala Lumpur, capitale della Malesia, per consacrare l’accordo di cessate il fuoco fra i leader di Cambogia e Tailandia, dopo gli scontri in una zona contesa di frontiera nel luglio scorso. Non sono mancati, nelle dichiarazioni di Trump, gli elogi alla mediazione americana e la portata storica di un tale accordo, senza precisare tuttavia di aver minacciato la sospensione degli accordi commerciali bilaterali con i due Paesi nel caso in cui non avessero deposto le armi.
Resta il fatto che Trump ha lasciato Kuala Lumpur con in tasca nuovi accordi economici con Cambogia e Tailandia e soprattutto con la Malesia, Paese geopoliticamente sempre più importante per l’economia mondiale, ricco di terre rare. Accordi che contribuiscono, in ogni caso, a segnare un rafforzamento della presenza americana nella regione.
Altro fronte sul quale il Presidente Trump vorrebbe mediare è quello del conflitto fra Afghanistan e Pakistan. Da Kuala Lumpur il Presidente americano ha fatto sapere ai belligeranti, che già avevano raggiunto un accordo di cessate il fuoco a Istanbul con la mediazione della Turchia, “di avere in mano una rapida soluzione al conflitto” per una pace duratura.
Continuando il suo percorso sulle rotte asiatiche, un incontro di particolare importanza è quello con Xi Jin Ping, Presidente della seconda potenza economica nel mondo, dove sul tavolo delle discussioni non ci sono solo dazi, scambi commerciali e nuovi rapporti a lungo termine fra i due grandi Paesi, ma, in tema di pace, si agiteranno anche i rapporti con la Russia e la guerra in Ucraina, nonché il tema sempre in sospeso, ma non meno carico di incognite e di ricchezze tecnologiche, di Taiwan.
Il versante invece che vede Trump su un concreto piede di guerra è quello rivolto verso l’America Latina e in particolare nei confronti del Venezuela e della Colombia. Senza l’accordo del Congresso americano, Trump ha deciso di “fare la guerra a narcotrafficanti” che circolano nella zona e nel giardino di casa degli Stati Uniti, schierando navi da guerra nei Caraibi pronte, come già avvenuto, ad attacchi ad imbarcazioni venezuelane e, se necessario ad interventi militari via terra. Vanno ricordate qui l’insofferenza di Trump nei confronti del Presidente venezuelano e le sue dichiarazioni che vorrebbero toglierlo dalla scena politica. Non va nemmeno dimenticato che in questo campo di gioco di “affari economici”, il Venezuela è il Paese più ricco di petrolio al mondo.













