L’anno appena iniziato potrà essere un anno positivo per il futuro dell’Unione Europea chiamata a rinnovare il suo Parlamento se, festeggiando quattro importanti anniversari, non ne dimenticherà le lezioni.
Quarant’anni fa, nel maggio del 1979, per i cittadini europei vi fu la prima elezione a suffragio diretto del Parlamento europeo; nel 1989 l’abbattimento del Muro di Berlino rappresentò un avvenimento dirompente per la storia dell’Europa e non solo; nel 1999 l’euro fece la sua prima discreta apparizione nelle transazioni finanziarie e, infine, nel 2009 deflagrò la più grave crisi finanziaria, economica e sociale dell’Unione Europea.
Volendo andare ancora più indietro nella storia dell’Europa altri quattro e ben più tristi anniversari sarebbero da ricordare: 1919, Trattato di Versailles, che avrebbe dovuto sancire la pace dopo la Prima guerra mondiale e contribuì allo scoppio della Seconda; 1929, è l’inizio della “grande depressione” che, partita dagli USA, precipita il mondo in un vortice di recessione e disoccupazione; 1939, scoppia la Seconda guerra mondiale che farà 70 milioni tra morti e dispersi e, infine, 1949 quando cala sull’Europa la “cortina di ferro” che dividerà il continente, ibernandolo per quarant’anni nella “guerra fredda”.
Senza adesso commentare tutti questi anniversari, balza agli occhi la diversa qualità di questi avvenimenti: pesantemente negativi quelli verificatisi prima della nascita della Comunità europea nel 1951, sicuramente positivi tre dei quattro avvenimenti intervenuti nel corso della stagione comunitaria dell’Europa e con diversi esiti quello negativo della crisi economica, vissuta in questo ultimo decennio, rispetto alle tragedie provocate dalla recessione del 1929.
Ne deriva un primo insegnamento: la straordinaria avventura del processo di integrazione europea può contare al suo attivo molti successi, alcuni dei quali oggi dati per scontati, se non addirittura dimenticati. Ben diversamente andò per le generazioni vissute nella prima metà del ‘900: una sorta di prova del 9 dei progressi realizzati dalla creazione della prima Comunità europea ad oggi.
Nel 1979 le prime elezioni a suffragio diretto del Parlamento europeo segnarono una svolta nella vita democratica, consentendo ai cittadini di votare i loro rappresentanti direttamente, senza dover passare attraverso elezioni di secondo livello con la designazione degli europarlamentari scelti in seno ai Parlamenti nazionali. L’apprezzamento per questa svolta si tradusse in un’alta partecipazione al voto del 70% degli aventi diritto. Una partecipazione declinata fino al 43% delle ultime elezioni, con il contributo in particolare dei nuovi Paesi dell’ex Unione Sovietica entrati nell’UE nei primi anni di questo secolo.
Quanto sia stato importante per l’Europa il crollo del Muro di Berlino è superfluo commentare: ne derivò l’unificazione tedesca, cambiò radicalmente il volto del continente, con il Trattato di Maastricht siamo transitati all’Unione Europea, venne istituita la cittadinanza europea e cominciò a prendere forma la futura moneta unica.
Vent’anni fa, il 1° gennaio 1999, l’euro diventò la moneta legale per i Paesi UE che vi aderirono, vennero fissati tassi di cambio irrevocabili con le rispettive monete nazionali e tre anni, dopo aver già funzionato nelle transazioni finanziarie internazionali, l’euro era nelle tasche degli italiani. La nostra simpatica liretta, tra il 1979 e il 1992, era stata svalutata ben sette volte, perdendo circa metà del proprio valore rispetto al marco tedesco. Con l’euro si abbassò il tasso di inflazione e quindi anche i costi dei mutui, con tutto quello che ne seguì. Non tutto funzionò al meglio in Italia, anche per mancanza di controlli e per diffusi abusi nei prezzi. Ma l’euro ci ha tenuti ancorati all’UE: andrà anche meglio quando verrà affiancato da politiche economiche comuni.
La crisi dell’ultimo decennio non c’è bisogno di ricordarla, le sue cicatrici si vedono ancora un po’ ovunque e alcune ferite sono ancora aperte. Incomparabili però le ricadute negative rispetto alla crisi del 1929, anche grazie a un sistema di welfare europeo unico al mondo e al fronte comune europeo, seppure con qualche disarticolazione, contro l’ondata recessiva che ha colpito alcuni Paesi meno attrezzati per affrontare la crisi, come nei Paesi meridionali dell’UE.
E siamo alla vigilia delle elezioni del Parlamento europeo del 2019. Ci sarà tempo per suggerire qualche riflessione in proposito. Per adesso possono bastare le lezioni che ci vengono da questo ultimo secolo.