Vent’anni di Mercato unico europeo

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Ci sono date importanti nella giovane storia dell’Unione Europea.
La sua nascita nel 1951, quando vide la luce con il nome di “Comunità europea del carbone e dell’acciaio” (CECA), la sua trasformazione in “Comunità economica europea” (CEE) con il Trattato di Roma del 1957, il “bing bang” del 1989 con la caduta del Muro di Berlino, il 1992 con il Trattato di Maastricht (UE), padre dell’euro; nel nuovo secolo il deludente Trattato di Nizza del 2000, il grande allargamento dell’UE a Est nel 2004, il fallimento del progetto di Costituzione europea nel 2005, l’esplosione della crisi finanziaria, economica e sociale del 2008, il Trattato di Lisbona entrato in vigore a fine 2009 e molte altre date che la storia d’Europa ricorderà.
Un calendario denso di avvenimenti, caratterizzato spesso da due passi avanti e uno indietro con lunghi momenti di pausa nel processo di integrazione europea, che ci ha fatto dimenticare una data importante di vent’anni fa, quando nel 1992 arrivò a compimento – o quasi – il progetto del Mercato unico.
Padre nobile e tenace di quel disegno fu Jacques Delors, giunto alla presidenza della Commissione UE nel gennaio del 1985, quando al timone del Consiglio europeo c’erano personalità come Helmut Kohl, Margaret Thatcher e François Mitterand, politicamente molto diversi ma con una visione d’Europa, differente ma vigorosa. L’obiettivo perseguito era semplice: portare a compimento il progetto di una Comunità dove fosse effettivo quanto già previsto dal Trattato di Roma: le quattro grandi libertà di circolazione, delle persone, dei beni, dei servizi e dei capitali.
Furono anni di lavoro e negoziati intensi e il risultato fu importante, per almeno tre delle quattro libertà, un po’ meno per quella delle persone.
Il disegno mancò però di equilibrio: all’accelerazione liberalizzatrice non si accompagnò una pari intensificazione della dimensione sociale e delle tutele per i cittadini lavoratori e solo nel 2000, il Consiglio europeo di Nizza, adotterà un’ “Agenda sociale europea” di cui oggi si è perso traccia. Da allora infatti si andò a poco a poco spegnendo l’impegno dell’UE per quel progetto di ispirazione “renana” che ancora oggi trova una dichiarazione di buone intenzioni nel Trattato che impegnava l’UE a promuovere “un’economia sociale di mercato altamente competitiva, tendente alla piena occupazione e al progresso sociale”.
Solo una metà di questa frase, quella della competitività, ha trovato parziale realizzazione; quanto alla piena occupazione e al progresso sociale non si vedono tracce. Da allora la disoccupazione è aumentata e oggi nella zona euro viaggia verso il 12%, per i giovani verso il 25%, in Italia il 36%; quanto al progresso sociale basta guardarsi attorno per misurare l’erosione costante dei diritti dei lavoratori e dei nostri sistemi di welfare.
Si dirà: sul mercato unico si è abbattuto lo tsunami della crisi finanziaria ed economica. Vero, ma questa crisi avrebbe avuto lo stesso impatto sociale se quel mercato unico non avesse scommesso tutto sulle liberalizzazioni e così poco sulla coesione sociale?
Il guaio è che purtroppo la lezione non sembra sia servita a molto. Mentre l’austerità aggrava un’economia in recessione, la Commissione europea ha appena riproposto un rilancio di quel disegno, stessa filosofia e stesso squilibrio, anche nel titolo: “Atto per il Mercato unico II”. Di nuovo molte liberalizzazioni e poca dimensione sociale, tra gli ispiratori un certo Mario Monti che di quel disegno è in Italia un interprete fedele.
Intanto, se da una parte la zona euro si è finalmente dotata di uno strumento di solidarietà come il Fondo salva-Stati, dall’altra in Gran Bretagna Cameron, minaccia di indebolire ulteriormente la coesione sociale europea mettendo un veto sul bilancio dell’UE e di ridurre la libera circolazione dei lavoratori comunitari, il tutto alla faccia del Mercato unico e della solidarietà europea.
Intanto le piazze di Spagna e Grecia s’infiammano, in Italia l’autunno si annuncia caldo con studenti e lavoratori nelle strade, i politici in affanno a mettersi in salvo, i cittadini equamente divisi tra rassegnati e arrabbiati.
Anche così può, a poco a poco, morire il sogno europeo.

1 COMMENTO

  1. Il riferimento alla storia dell’Unione Europea dalla sua nascita al Trattato di Lisbona, entrato in vigore a fine 2009, preceduta da altra importante data del 1992 col “progetto di mercato unico” dovrebbe favorire “attente riflessioni” su quel “progetto” – rilevatosi più da “Europa di mercanti” – anche da Lei richiamato.
    Attualissimo il Suo richiamo, dopo 20 anni, nel momento che viene riproposto con il titolo “Atto per il Mercato Unico II”.
    A mio avviso dovremmo attendercelo ridimensionato e più finalizzato non solo verso la competitività “parzialmente realizzata a partire dal 1992” ma per “RECUPERARE” quel mancato progresso sociale delle “PERSONE,CITTADINI EUROPEI” e non più dominante, nel nome delle “libertà di mercato, dai mercanti senza regole”.
    Se il potere economico dei mercanti,degenerando in potere sia politico che economico dominante di “mercato” – pur altamente competitivo – non potrà generare politiche di progresso sociale – con il LAVORO, non quale merce di scambio ma nella completezza dignitosa spettante al cittadino europeo. Altrimenti si ripropone, come Lei scrive, erosione costante non solo dei diritti dei lavoratori ma, certamente, una graduale riduzione di credibilità e una crescente indignazione, sempre più estesa, dei cittadini europei.
    Io penso ed auspico che nel 2012 – vivendo una “crisi epocale” dobbiamo rispondere “mentalmente” e operativamente con altrettanti “cambiamenti epocali”, pur difficili e complessi ma possibili.
    Così come Lei, da tempo, ripropone il “MANIFESTO PER UNA DEMOCRAZIA GLOBALE” – per la circostanza – mi permetto sottoporre alla Sua attenzione il testo pensato di un umilissimo Vescovo di Molfetta, don Tonino Bello, scomparso prematuramente per malattia nel settembre 1992, proprio nell’anno che giunse a compimento il “progetto di mercato unico” europeo. (pubblicato da Teatro Naturale, Luigi Caricato, il 6 ottobre 2012)

    Ecco il testo del discorso del 13 settembre 1992:

    “So che tutti siamo preoccupati per la recessione, per quello che la nostra moneta sta attraversando, per i problemi che si aprono, per la chiusura inesorabile di tante fabbriche improduttive e quindi di tanti lavoratori mandati a casa. Verranno tempi duri: inutile che ce lo nascondiamo. Dobbiamo dircelo qui, ai piedi della Madre, perché sia Lei a renderli più dolci. Verranno tempi duri per la nostra vita nazionale. Verranno tempi duri proprio nel momento in cui stiamo preparando a vivere l’esperienza della casa comune della nuova Europa. Che a me si presenta anche con tristi presagi perché ha più il sapore di una convivenza economica, di una cassa comune che di una casa comune. Sembra più l’Europa dei mercanti che l’Europa dei fratelli. Verranno tempi difficili, ma noi li dobbiamo affrontare con grande speranza”.

    Anch’io dico NO all’Europa dominata dei mercanti di mercato, riconoscendomi in “più Europa” socio-economica e politica, della “piena occupazione e del progresso sociale”, da Lei più volte richiamata e nel segno della solidarietà comunitaria tra cittadini europei
    Donato Galeone

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