Un nuovo Piano Juncker per la crisi migratoria

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«L’obiettivo è un nuovo Piano Juncker». Così si è espresso al World Economic Forum di Davos Frans Timmermans, Primo vicepresidente della Commissione europea . Se il Piano Juncker originario doveva essere una leva in grado di mobilitare 300 miliardi di investimento per il rilancio della crescita nell’UE, il nuovo Piano avrebbe come fine quello di gestire l’ondata dei flussi migratori, una delle priorità maggiori da risolvere per la Commissione. E non senza motivo. Infatti dall’inizio del 2015 sono arrivate in Europa circa 1,5 milioni di persone, un afflusso che sta mettendo a rischio la zona Schengen ed incoraggiando le forze populiste che lottano per il ripristino delle frontiere nazionali.

Timmermans ha rivelato che, al momento, questa resta soltanto un idea, non ancora trasformata in proposta concreta. Idea che, però, si realizzerebbe su due fronti: all’interno dell’Unione ed al di fuori di essa. Il nuovo Piano Juncker, per adesso nemmeno allo stato embrionale, si focalizzerebbe sul sostegno agli Stati europei più esposti (Grecia e Italia su tutti) e sulla stabilizzazione dei Paesi di provenienza dei migranti mediante aiuti economici. Tutto ciò richiederebbe un notevole sforzo economico. Non a caso il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble ha parlato di un «piano Marshall» per la regione a sud del Mediterraneo, avvisando i suoi colleghi che «sarà necessario investire miliardi nei Paesi da dove i rifugiati provengono».

L’urgenza di una risposta all’esodo migratorio deriva dalle potenzialità distruttive che si celano in esso: il trattato di Schengen sembra, ormai, carta straccia e le stesse fondamenta della costruzione europea sono a rischio. «Senza una soluzione comune – ha affermato il Primo vicepresidente della Commissione – l’intero progetto europeo potrebbe collassare. Se saremo in grado di mostrare ai cittadini che insieme possiamo affrontare una simile questione, allora aumenterà la fiducia nei confronti dell’UE. Ma se non saremo in grado di fare questo, se preverranno gli egoismi nazionali, l’UE andrà in contro ad una crescente ed inarrestabile sfiducia».

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