Se c’è una lezione da imparare dall’anno appena trascorso è che l’Europa, su più fronti, è stata colta di
sorpresa. E’ avvenuto per la guerra scatenata dalla Russia in Ucraina, per la scoperta della sua dipendenza
energetica, per l’aggravamento della crisi economica e, come se non bastasse, per lo sconcerto generato
dalla corruzione nel cuore delle sue Istituzioni.
Tutti buoni motivi per essere prudenti sull’anno che si apre, l’ultimo prima delle prossime elezioni
europee del maggio 2024 e, si spera anche l’ultimo della guerra e del tunnel della pandemia che però
torna a minacciarci dalla Cina.
Poche le previsioni sicure, quelle a livello istituzionale in particolare. Dal 1° gennaio è entrato
nell’eurozona un nuovo Paese, la Croazia, con un’economia ancora fragile in un’area, quella balcanica,
in perenne agitazione come sta avvenendo tra Serbia e Kosovo.
Al 1° gennaio la presidenza del Consiglio dei ministri UE è passata alla Svezia e per l’Europa non è una
garanzia di nuovi progressi nel processo di integrazione né per il rafforzamento della solidarietà, visto il
neonato governo di destra, appoggiato per la prima volta dall’estrema destra.
Andrà forse meglio con la presidenza spagnola del secondo semestre 2023: lo si capirà con le nuove
elezioni amministrative previste a maggio, dalle quale potrebbe uscire in crescita il centro-destra e
annunciare una perdita di consensi del partito socialista, oggi al potere, alle elezioni politiche di
dicembre.
Restiamo prudenti e non spingiamoci oltre la primavera, prendendo per buone le priorità dichiarate
dall’entrante presidenza svedese, cui è affidata la guida dei lavori dei governi nazionali UE nei prossimi
sei mesi, quando non mancheranno le sorprese.
Le priorità annunciate sono come sempre ambiziose: la sicurezza, la competitività, la transizione
ecologica ed energetica, i valori democratici e lo Stato di diritto. Intenzioni tutte lodevoli e non proprio
nuove, soltanto diventate più urgenti da realizzare nel nuovo contesto internazionale e in quello europeo.
Tra queste una che, non a caso, non figura tra le priorità nell’agenda svedese: il tema dell’accoglienza
migranti, un’omissione che non aiuterà l’Italia a progredire verso una revisione dell’Accordo di Dublino
che, nella sua configurazione attuale, penalizza i Paesi di primo approdo.
Ma anche sul versante economico e finanziario la presidenza svedese rischia di essere un osso duro per
l’Italia: vale per la gestione del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” e per la riforma del “Patto di
stabilità e crescita” da concordare entro la fine del 2023. Insieme con altri Paesi, Germania e Olanda in
testa, la Svezia si dimostrerà poco disponibile ad allentare i vincoli per le finanze pubbliche in difficoltà,
come nel caso dell’Italia, e ad accettare le proposte della Commissione europea in favore di una maggiore
flessibilità, anche per tenere conto delle diverse situazioni nazionali, rivendicando per sé la relativa
valutazione e le proposte di interventi.
Un tema questo che non mancherà di sollevare contrasti istituzionali nella distribuzione complessa dei
poteri tra Parlamento, Commissione e Consiglio dei ministri, in un contesto politico generale che vede
crescere nei Paesi membri un forte ripiegamento nazionale e una diffusa insofferenza verso poteri
considerati “federali” e, come tali, invasivi sulle politiche nazionali.
A ben vedere una miscela di priorità e contrasti aperta ad esiti divaricanti: da una parte un progressivo
ritorno a orientamenti nazional-populisti, dall’altra una spinta verso un riforma dell’UE ormai attesa da
tempo.
A prima vista uno scontro tra la prepotenza di Golia e la saggezza di Davide: sarebbe una bella sorpresa
se finisse come nella Bibbia.
Buona sera Franco.
Se per la tracotanza di Golia si intendeono i rampanti nazional-populismi in Europa e per la saggezza Davidica l’ausoicabile spinta verso le attese riforme UE. Spero proprio si avveri la vittoria di Davide.
Cordiali saluti e auguri di Buon Anno. Mariano.